Etimologioia

Etimologioia, la nuova rubrica di TBA: perché si dice lapalissiano?

Buongiorno bella gente e buon lunedì, cosa ne dite di iniziare la settimana imparando o riscoprendo etimologia e significato di alcune parole?
Ecco a voi la rubrica #etimologioia che prende avvio oggi con una parola che spesso utilizziamo e che mi piace particolarmente. Non chiedetemi il perché, non c’entra nulla la razionalità.

La parola di questa settimana è LAPALISSIANO. Diciamo subito che il termine (lapalissade in francese) fu coniato dallo scrittore Edmond de Goncourt per indicare un’affermazione ovvia e scontata: vedremo insieme da dove origina e cosa significa.

La parola “lapalissiano” deriva dal nome di Jacques de la Palice, Maresciallo di Francia vissuto intorno al 1500; viene ricondotta ad un aneddoto collegato alla battaglia di Pavia del 1525. Il comandante dell’esercito francese era in questo caso il Maresciallo di Francia Jacques de Chabannes signore di La Palice. Il buon maresciallo morì durante l’assedio della città lombarda, ed i suoi soldati, per rendere onore al suo coraggio, avrebbero composto la seguente strofa:

Hélas! la Palice est mort,
il est mort devant Pavie ;
Hélas! s’il n’estoit pas mort,
il seroit encore en vie.

(Ahimè! La Palice è morto,
è morto davanti a Pavia;
Ahimè! se non fosse morto,
sarebbe ancora in vita.)

Questa quartina presenta una palese ovvietà: se non fosse morto, sarebbe sicuramente ancora in vita.

Si sostiene, tuttavia, che in origine la quartina fosse leggermente diversa, e avesse tutto un altro significato:

Hélas! la Palice est mort,
il est mort devant Pavie ;
Hélas! s’il n’estoit pas mort,
il feroit encore envie.

(Ahimè! La Palice è morto,
è morto davanti a Pavia;
Ahimè! se non fosse morto,
farebbe ancora invidia.)

In francese, le parole “en vie” e “envie” sono omofone, cioè si pronunciano allo stesso modo: questo avrebbe portato ad una confusione nella tradizione orale della strofa. Il fatto più curioso, però, riguarda il verbo presente nell’ultimo verso. Nel primo caso abbiamo seroit (sarebbe), mentre nel secondo feroit (farebbe).Ora, nel Rinascimento la calligrafia era in alcuni casi molto diversa da quella moderna. In particolare, le lettere s ed f erano scritte, rispettivamente, ſ ed ƒ. È, quindi, ben possibile che chi ha copiato in un momento successivo la strofa, abbia fatto confusione tra le due lettere, cambiando il verbo da feroit a seroit (farebbe – sarebbe), modificando di conseguenza anche il resto del significato della frase, rifacendosi probabilmente alla tradizione orale di cui sopra.

Da lì un’affermazione lapalissiana è diventata un’affermazione di un’evidenza talmente ovvia da essere ridicola e da non avete neppure bisogno di essere enunciata.

Ora ditemi: quanto spesso vi capita di utilizzare questo termine? Vi piace?
Ma soprattutto, avete parole di uso comune, modi di dire, proverbi, dei quali vi piacerebbe sapere etimologia e storia? Fatemi sapere qui sotto con un commento o con un messaggio su messenger. Grazie a tutti della collaborazione e spero che questo nuovo inizio di rubrica possa farvi piacere.

Etimologioia, una rubrica a cura di Donatella Maina Gioia su The BookAdvisor.

Redazione

Redazione della pagina web www.thebookadvisor.it

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