Moving Books

Moving Books – Frankenstein di Mary Shelley

«Ma dov’erano i miei amici e i miei parenti? Nessun padre aveva mai vegliato sui giorni della mia infanzia, nessuna madre mi aveva mai benedetto con sorrisi e carezze; o, se anche l’avessero fatto, tutta la mia vita passata era ora una macchia scura, un vuoto cieco in cui non distinguevo niente».

Quali altre parole potrebbero darci ancora di più il senso della solitudine, dell’essere fuori posto in ogni luogo? Ma il Frankenstein di Mary Shelley non è solo questo, ovvero un’indagine sulle terribili conseguenze della troppa brama di sapere. È anche un’opera politica, in cui la repubblica si contrappone alla monarchia, la condizione femminile è oggetto di riflessione ed emerge il rapporto fra lavoratori e nobili. È un libro sul potere della parola: imparare a comprendere il linguaggio umano è fonte di gioia per la Creatura, che vi vede l’unica vera possibilità di far dimenticare la propria deformità.

Kenneth Branagh, Frankenstein, 1994
(Credits: Mary Shelley’s Frankenstein © Zoetrope Production e altri 1994)

A posteriori, possiamo cogliere anche le ingenuità di una ragazza di 20 anni orgogliosa della propria cultura: ad esempio, le citazioni da poemi e scritti di inizio Ottocento inseriti in dialoghi che sarebbero ambientati nel Settecento. Ma come si fa a non perdonarle tutto sull’onda della sua prodigiosa fantasia? Perché proprio quella sua fantasia è l’esempio perfetto di ciò che l’immaginazione dovrebbe fare: non evadere dalla realtà, ma darle un senso nuovo, fungere da “terzo occhio” su un mondo che non sempre è chiaro alla vista quotidiana.

La storia di Frankenstein e della sua Creatura era troppo ghiotta perché non fosse portata al cinema innumerevoli volte, anche in forma parodica (il mitico Frankenstein Junior). Ma una versione in particolare cerca di mantenerne intatto lo spirito pur discostandosi nel racconto di molti eventi e personaggi. Cerca di distinguersi già dal titolo Frankenstein di Mary Shelley (1994) diretto da Kenneth Branagh, rivendicando una “parentela” più stretta con il romanzo. È un film concitato, quasi nevrotico, pieno di un’energia che nel romanzo è più sotterranea e implosiva. Mi soffermo su una sola grande differenza fra film e libro perché è alla fonte di tutto: se nel libro Frankenstein è un giovane privilegiato che si interessa di filosofia naturale spinto in gran parte dalla propria hybris (e qui è coerente il parallelismo con il capitano Walton), nel film è invece uno studente di medicina che desidera con tutto se stesso salvare le persone che ama dalla morte. Una volontà con cui noi spettatori moderni possiamo forse maggiormente empatizzare e che vediamo molto spesso in diverse creazioni visive: dal Darth Vader di Star Wars alla recentissima serie tv Dark.

Kenneth Branagh, Frankenstein, 1994
(Credits: Mary Shelley’s Frankenstein © Zoetrope Production e altri 1994)

Pare che Branagh si sia preso diverse libertà rispetto alla sceneggiatura, con grande scorno di chi l’aveva scritta, ovvero Frank Darabont (regista a sua volta di film come Le ali della libertà e Il miglio verde): «Non so perché abbia dovuto farne questo tentativo di melodramma. Il libro della Shelley non è melodrammatico, ma sussurra». Sicuramente non c’è traccia di sussurri in questo film, che conosce poche pause ed è centratissimo sulla figura dello scienziato e sulla forza trascinante dei suoi sentimenti. Ma è proprio la scelta di aver reso protagonista la scienza a renderlo comunque molto interessante e ben indirizzato a noi contemporanei. Con un messaggio chiaro: non è l’approccio scientifico ad avere colpe, né la volontà di progresso di noi esseri umani. È la pretesa di rovesciare il regolare ciclo vita-morte a generare il male. Su questo pianeta abbiamo un inizio e una fine: questo dà valore alle nostre esistenze.

Kenneth Branagh, Frankenstein, 1994
(Credits: Mary Shelley’s Frankenstein © Zoetrope Production e altri 1994)

Moving Books

Chiara Tartagni

Copywriter, studiosa di storia dell’arte, insegnante, nerd, ma soprattutto una persona molto curiosa. Ama tutto ciò che riguarda le immagini, in movimento e non. Ha scritto un libro per Jimenez Edizioni, "Le relazioni preziose": un piccolo viaggio sentimentale fra il Settecento e il cinema contemporaneo.

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio