“L’ultima notte della nostra vita” di Adam Silvera: recensione libro
Può un libro uscito nel 2017 arrivare al successo ad anni di distanza e proprio nel momento più nero della pandemia? La risposta è sì. Ed è esattamente quello che è successo a L’ultima notte della nostra vita di Adam Silvera.
Il motivo è semplice: “TikTok made me do it”, come dicono quelli bravi. Sul social network che piace ai giovanissimi, infatti, oltre ai balletti, vanno forte anche le reaction (un po’ a qualsiasi cosa). Video virali di ragazzini commossi che leggono le ultime pagine del terzo romanzo di Adam Silvera hanno così animato un hashtag da ben 37 milioni di visualizzazioni. A distanza di tre anni dalla pubblicazione è stata generata una inesorabile reazione a catena che ha influenzato anche le vendite.
L’ultima notte della nostra vita, “instagrammabile” al punto giusto, è diventato un caso esemplare di best seller tardivo (internazionale), come già fu – nel suo piccolo e in epoca pre-social – Tre metri sopra il cielo. Ah, i cari vecchi tempi del passaparola… Oggi, invece, sono i social network a influenzare l’industria editoriale, che cerca a modo suo di cavalcare il fenomeno.
Iniziato con Youtube e poi con Instagram, dove si sono riciclate le frotte di book influencer che hanno trovato nei 15 secondi delle stories il loro spazio di comunicazione più efficace, oggi il social di riferimento per le case editrici è proprio TikTok, dove l’hastag BookTok supera gli oltre 12 miliardi di visualizzazioni.
Per onestà intellettuale, ammetto che proprio tramite booktube il romanzo è finito anche nel mio radar che, altrimenti, forse non lo avrebbe intercettato. A incuriosirmi, in particolare, il titolo dell’edizione originale (They both die at the end) la cui genialità è ovviamente andata persa nella traduzione italiana: come spesso accade.
La storia è semplice. Poco dopo la mezzanotte del 5 settembre 2017, Mateo Torrez riceve la telefonata di Death Cast che lo avvisa che la sua ora è arrivata. Anche Rufus Emeterio, orfano ospite di una casa famiglia, riceve la stessa chiamata. Entrambi moriranno nel corso della giornata appena iniziata: è questo il messaggio dell’operatore Death Cast, che chiama ogni giorno dalla mezzanotte alle tre di notte tutti coloro che sono destinati a morire nelle 24 ore successive.
Mateo e Rufus non si conoscono, ma grazie all’app Last Friends, si incontreranno e trascorreranno assieme l’ultima notte e l’ultima giornata della loro vita, scoprendo, insieme, proprio mentre stanno per morire cosa significa vivere davvero.
Già partendo dalla trama è evidente come L’ultima notte della nostra vita di Adam Silvera spicchi nel panorama dei romanzi Young Adult degli ultimi anni per originalità e, allo stesso tempo, per spessore.
Il tema del romanzo è molto potente: si parla di perdita, di accettazione di sé, di ansia sociale, di amicizia, di lutto e di superamento del lutto, ovviamente, ma più in generale di cosa significhi vivere fino in fondo ogni momento, senza rimpianti, essendo presenti e mettendosi in gioco in prima persona e non attraverso il filtro annacquato di uno schermo o di un social network (ironia della sorte, è proprio un social ad aver fatto spopolare il romanzo).
“Sto facendo tutto da solo. Mi sto trattenendo. Ho passato anni a non correre rischi per assicurarmi una vita più lunga, e guarda come sono finito. Sono quasi al traguardo, pur senza avere mai partecipato alla gara.”
Raccontando con assoluta normalità, non solo narrativa ma anche stilistica, le esperienze di Mateo e Rufus, Silvera racconta sentimenti e pensieri in cui si possono riconoscere tutti i giovani lettori (ma anche quelli non più giovani).
I due protagonisti de L’ultima notte della nostra vita, per quanto siano segnati sin dalle prime pagine da un destino inesorabile, sono personaggi positivi, a cui è semplice affezionarsi (pur sapendo di doverli lasciare andare molto presto), e che lanciano un messaggio edificante specialmente per le nuove generazioni, così abituate a vivere molto più di apparenza che di sostanza.
Il tutto, conservando un approccio spontaneo e non artefatto. Lo stesso con cui si affronta la tematica Lgbtqi+ che, per quanto sia inserita nel romanzo senza nessuna traccia di clamore, estremizzazione o spettacolarizzazione, è affrontata con la meritata serietà e serenità.
La gender fluidity e l’omosessualità entrano nel racconto come avviene sempre più spesso nella vita di tutti i giorni: come un dato di fatto di cui non c’è alcun bisogno di stupirsi. E così, anche nel racconto, come è giusto che sia decade qualsiasi tipo di sovrastruttura ed elucubrazione intellettuale; si lascia spazio a quella normalizzazione a cui già da tempo ci hanno abituato anche serie tv e film, ma che in letteratura ancora fatica ad affacciarsi.
Il fatto che non si scada nel “drama” o nell’esagerazione, lascia spazio a riflessioni delicate e realistiche, con cui tutti possono empatizzare.
“Mi hanno insegnato a essere onesto, ma dire a verità a volte può essere complicato. Non importa se dire la verità non incasinerebbe un bel niente, a volte le parole non escono finché non ti trovi da solo. E magari neanche allora. A volte la verità è un segreto che non confidi neanche a te stesso perché è più facile vivere nella menzogna.”
Non vi aspettate soprese sul finale. E no, non sto facendo spoiler: come promette il titolo originale, entrambi i protagonisti muoiono alla fine, e lo possiamo tranquillamente “rivelare”, perché quello che conta non è la destinazione, ma il viaggio.
Si piange molto, ovviamente, ma si sorride anche, ci si innamora, ci si diverte, si riflette. Tutte le emozioni di una vita intera condensate in trecentocinquanta pagine circa, proprio come la vita di Mateo e Rufus viene condensata in 24, intensissime, ore scarse.
“I graffiti alle pareti sono firmati dai Decker e dai loro amici, a volte sono l’ultima cosa che i Decker hanno lasciato, ciò che li rende immortali. Non importa quando accadrà, una fine ce l’abbiamo tutti. Nessuno va avanti, ma quello che ci lasciamo alle spalle ci tiene in vita per gli altri. Guardo questa stanza piena di gente, Decker e amici, e stanno tutti vivendo.”
Nonostante i più snob possano pensare che un libro che ha spopolato in prima battuta su Tik Tok e Instagram non sia davvero degno di nota, L’ultima notte della nostra vita merita davvero una possibilità.
Quello di Adam Silvera è di certo uno dei romanzi per ragazzi più valido degli ultimi tempi: con una scrittura discreta e un messaggio costruttivo e inclusivo, finalmente rende un buon servizio a un genere ormai minato da una serie di fenomeni letterari costruiti a tavolino e di nessuna sostanza.
Aspettiamo di vedere come HBO, che ne ha comprato i diritti, deciderà di trasporlo.
L’ultima notte della nostra vita di Adam Silvera, Editrice Il Castoro, 2020. Monica Gasbarri