“Invernale” di Dario Voltolini, recensione: La disgregazione della carne.
“INVERNALE” di Dario Voltolini
Nelle prime pagine di questo libro Voltolini fa con i corpi degli animali al macello quello che Suskind fece con la descrizione delle strade di Parigi ne “Il profumo“.
Descrizioni precise, minuziose, al limite del disturbante, capaci di trasformare le parole in qualcosa di sensoriale che puoi vedere, sentire e toccare.
E provarne anche disgusto.
Descrizioni forti
Ossa tagliate, viscere estirpate, muscoli separati dalle membrane, conigli tagliati per il lungo, crani spaccati a metà, zampe da troncare, corpi da disossare, spolpare, un viaggio nella carne morta delle carcasse degli animali… e tu sei lì che assisti, in una sorta di trance dovuta in parte alla bravura del narratore, in parte all’orrore (per me) descritto, che ti repelle e ti risucchia allo stesso tempo.
Non vuoi leggere ma leggi, non vuoi guardare ma guardi.
Un giorno, però, durante questa sorta di “danza dei coltelli” capace di trasformare i cadaveri degli animali in fettine, costolette, petti, trippe, lingue, rognoni, per la gioia dei palati dei clienti del mercato di Porta Palazzo a Torino (siamo negli anni ’70), qualcosa va storto e una lama affonda nel dito di Gino, padre dell’autore e macellaio di professione, provocandogli un gran brutto taglio che ben presto gli provoca un’infezione.
Viene operato d’urgenza e tutto sembra rientrare nella norma, poi però arriva la stanchezza, la spossatezza, fino al raggiungimento di una triste diagnosi.
Linfosarcoma prolinfocitario.
Eleganza e pudore
Voltolini ci consegna una storia privata e dolorosa, ma lo fa con una lingua che non lascia spazio al melodramma, né al pietismo, né al facile sentimentalismo.
É una lingua ricca, densa e impegnativa, una lingua che ha una struttura solida, oserei dire rigorosa, piena di un pudore e un’eleganza che riescono a proteggere l’intimità del racconto pur donandoci le emozioni che ne scaturiscono.
La disgregazione della carne.
Quella degli animali prima.
E quella di suo padre poi.
“Ma che cos’è l’attesa, questa condizione che è sempre lì sotto le piastrelle ma che poi emerge tutta insieme a un certo punto?
[…] Tu non è che la pensi, questa attesa, tu non so nemmeno se la vivi o la subisci o la abiti: forse – ma proprio forse (non so niente, ma niente!, spaventosamente niente) – tu semplicemente la sei.”
A distanza di 40 anni Voltolini affronta in maniera precisa, chirurgica e tagliente, la perdita del padre, e nel farlo scrive un piccolo pezzetto di Letteratura.
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“Invernale” di Dario Voltolini, La Nave di Teseo. Un libro tra le mani.