“Il libro delle case” di Andrea Bajani, recensione: Un libro tra le mani.
Ma che bello questo viaggio nella vita di un uomo attraverso le case da lui abitate, dove con il termine “casa” non s’intende solo quello comunemente riconosciuto, ma anche altri luoghi, fisici e non, che hanno avuto un ruolo importante nella formazione di “Io” (il protagonista) e del suo Io.
Concetto di casa…
In questo senso può essere stata “casa” anche un’automobile, una banca, un’ospedale, il tribunale, una cabina telefonica (casa della voce), una banchina ferroviaria, il carapace di una tartaruga, la fede nuziale (casa del persempre) ed anche una casa al di fuori di ogni localizzazione geografica, ma collocata sulla linea spazio-temporale, la casa dei ricordi fuoriusciti…ovvero la scatola nera di ciò che si è dimenticato, di ciò che anche la memoria ha rifiutato di trattenere.
Anche la televisione è stata un mezzo attraverso il quale Io è potuto entrare, non visto, nella casa di Prigioniero (chiaro riferimento al rapimento di Aldo Moro) e nella casa di Poeta (chiaro riferimento alla morte di Pasolini).
Così come in “Un bene al mondo” anche qui i personaggi non hanno nome, ma sono indicati in modo impersonale, o attraverso il loro grado di parentela con Io, quindi Padre, Madre, Sorella, Nonna, Parenti, Donna con la fede, Tartaruga, Prigioniero, Poeta, ecc.
Non li conosceremo mai veramente bene, mai fino in fondo, ma solo in funzione di ciò che hanno rappresentato per Io, in questa strana prospettiva che analizza angoli, perimetri, superfici, metri quadri, luci, ombre, corridoi, finestre e porte, alcune aperte attraverso cui passano messaggi e la vita, altre sempre chiuse.
Una prospettiva che parte dall’esterno, dalle mura che abitiamo, per poi arrivare al centro, all’anima.
Ma l’anima, come ben sappiamo, è imprendibile e inconoscibile… esattamente come sfuggente è il personaggio creato da Bajani.
Un libro molto originale, pieno di buona poesia, dalla scrittura curatissima, metaforica e visionaria, ma anche essenziale nella sua struttura, pregna di sensazioni visive, con un’architettura letteraria cronologicamente disordinata che obbliga il lettore a costruire un puzzle.
“Il pavimento in marmo dell’ingresso è l’unico che fa avanti e indietro tra la stanza e il resto dell’appartamento. Il pavimento se ne frega delle porte aperte o chiuse, scivola sotto indisturbato. Ma poi non dice niente, e in ogni caso tutte le settimane viene lavata via ogni traccia di quello che sapeva.”
Sembra niente, e invece è la vita.
Sicuramente un libro tutt’altro che facile… molto denso, per certi versi faticoso, da assaporare a piccole dosi e solo se si è pronti a lasciarsi trasportare dalla visione di ogni casa in cui Bajani, con grande maestria, ci porta.
Non bisogna avere fretta con questo libro, non bisogna cercare “la storia”.
Apparentemente non succede niente, eppure succede tutto… ci scorre davanti agli occhi un’infanzia non proprio felicissima, situazioni famigliari difficili, depressione, crescita e innamoramento, matrimonio, figli, ascesa sociale, malattia, separazione, solitudine, parole sentite, parole dette e parole scritte.
Sembra niente… e invece è la vita!
Per me, bellissimo.
Bajani è davvero bravo, ha una grande personalità letteraria, un suo timbro… i suoi libri hanno un suono, una melodia riconoscibile anche da lontano.
Con lui hai sempre la sensazione di essere in superficie, poi, all’improvviso, ti accorgi di essere giù nel profondo.
Su di me ha un effetto ipnotico.
“Il libro delle case” di Andrea Bajani, Feltrinelli editore. Un libro tra le mani.