Sussurri tra le pagine

“Eva dalle sue rovine” di Ananda Devi: recensione libro

“Eva dalle sue rovine” di Ananda Devi è un libro di voci interiori, di rabbia furiosa, di odio viscerale, di coscienze corali, di vita straziata e di vita rubata. Forte, duro, crudele, tagliente e immenso, con la sua prosa ammaliante, poetica e delicata, di cui ho adorato ogni singola parola. Pagine e pagine che si attaccano alla pelle e affondano nella carne senza alcuna pietà. Un canto profondo che sale dalle viscere di un’isola, all’ombra dei resort e delle spiagge cristalline. Un libro da vivere in prima persona trattenendo il fiato per coglierne meglio l’essenza.

(2014, Bindue, Pixabay License)

Ho passeggiato per Port Saint Luis, tra le rovine di un quartiere malfamato, dove le speranze delle madri si sono infrante contro il muro di una fabbrica ormai chiusa e i padri hanno cercato di trovare un po’ di autorità sul fondo di una bottiglia. Qui ho capito perché tutto è finito in mano ai ragazzi, liberi di dettare le regole per appropriarsi di pezzi di un quartiere reietto, relitto di una vita forse mai vissuta, nascosto sotto una coltre azzurro cielo che inganna anche i turisti più diffidenti. Una trincea che regala “un’identità per difetto: quella di non appartenenza”, tra i corpi storpiati dei meno avvezzi alla vita, o di chi è stanco di combattere un perenne stato di assedio.

Ho camminato con Eva, la cui vita lentamente scivola via goccia a goccia mentre la cura ad ogni falsa speranza pesa nello zaino, i passi martellano l’asfalto e la solitudine fa da armatura. “Quando mi sono guardata allo specchio, mi sono vista con una faccia da leonessa. La fame mi faceva da criniera. Cammino, anche se vorrei correre verso me stessa”. Eva, che per lavar via i ricordi, finisce per annientarsi. Eva, ricca del suo non possedere nulla. Eva, l’unica moneta di scambio per sé stessa. Ho guardato il suo corpo divenire arma, per combattere una guerra senza nome, in un quartiere fuori dal mondo. L’ho vista incrinarsi, rompersi, infrangersi, esplodere in mille pezzi sotto il peso della disperazione. L’ho vista, e non ho potuto far altro che restare a guardare quei suoi occhi un po’ vivi, un po’ morti, incastrati in un corpo lacerato insieme ad un cuore di piombo.

Ananda Devi

Ho letto con Sad, profugo dalla nascita, che vive in quell’imbuto in cui fluiscono tutti i profughi dei cicloni, quelli che decenni dopo avranno ancora gli occhi bagnati dalla pioggia. Perché leggere allenta il nodo del cappio disegnando mondi immaginari dalle infinite possibilità. Ho ascoltato Sad raccontare dei giochi di un tempo, con la sua Eva, tra i detriti e i rifiuti “giocavamo alla guerra finché in guerra non ci siamo finiti” poi, l’ho visto scegliere di seguire l’onda, lo stato di appartenenza, ed è stato facile indovinare, che per questo, Eva, non lo avrebbe mai perdonato. Ho ammirato Sad perché ha saputo prendere in prestito le parole più belle, per raccontare una storia dal gusto amaro, l’unica che conoscesse, la sua.

Ho urlato con Clelio e tutta la sua rabbia, talmente grande da riempire le tasche vuote. Senza speranze, Clelio, che sa quanto la povertà faccia più paura dei carcerieri. “A me… piacerebbe un sacco. Ricevere dei pugni, dare dei pugni, sentire la libertà della mia rabbia come un vento acido che mi trapassa e cancella la memoria”. Clelio, marcio, marchiato, che per liberarsi non può fuggire e allora prova a volare, mentre un nome inciso sulla coscia gocciola il sangue della memoria. Clelio, con il suo canto disperato, che proviene dal fondo dello stomaco, dagli angoli più bui di un corpo, che non ha mai visto luce.

(2018, Louis Galvez, Unsplash License)

Ho ballato con Savita, che vive lì solo per un caso. L’ennesima puntata sbagliata su un cavallo sfortunato, mentre la madre lava via dai pavimenti il sangue putrescente. Savita, l’altra metà di Eva, quella che rispetta, che la aspetta ogni sera nascondendo lo spasimo tra le pieghe invisibili del cuore. Savita, che salva Eva da sé stessa solo tendendole una mano, ancorandola ad un mondo crudele che rappresenta la sua unica possibilità di vita. Lei, la sola in grado di rovistare tra le sue rovine.

Questo è un libro da maneggiare con cura, da leggere a piccoli sorsi, assaporando, inspirando e trattenendo ogni sentimento che le sue parole sanno evocare. La pelle d’oca dopo una carezza, il brivido dopo un bacio appena accennato, il formicolio dopo uno schiaffo sul viso, questo è “Eva dalle sue rovine”: l’orma che imprime nella carne una travolgente emozione, la scossa che un grande amore fa vibrare nel cuore, e Ananda Devi, credo che abbia realizzato qualcosa di veramente meraviglioso. Qualcosa che resterà nel mio cuore a lungo, a pieno titolo, tra i libri più belli che abbia mai avuto il piacere di leggere.

Nessuno mantiene le promesse, ti spezzano solo il cuore, non avere paura, fai come loro, spezzagli il cuore e vai per la tua strada, non credere in niente.
Non credere in niente, e non soffrirai.
Non credere in niente, e non soffrirai.
Non credo in niente. Ma soffro comunque. 

“Eva dalle sue rovine” di Ananda Devi, edizioni Utopia.

Sussurri tra le pagine per The BookAdvisor.

Vieni a parlare di libri con tutti noi nel gruppo Facebook The BookAdvisor.

Angela Finelli

Classe 1987. Nata a Napoli, tra i vicoli e l'odore del ragù lasciato a "pappuliare" a fuoco lento già dall'alba. Amante dei libri da sempre, della buona cucina e delle mete insolite. Dipendente dal caffè, dalle risate spontanee e da quella punta di follia che rende la vita imprevedibile. Fiera sostenitrice del potere delle parole e dei sussurri nascosti tra le righe, quelli che lasciano un'impronta nella memoria e i brividi sulla pelle.

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio