Uisciueriar, Claudia Fofi. Quando il male di vivere getta un’ombra sull’infanzia
Intensa storia di una ragazzina di 11 anni alle prese con la depressione della madre.

In questo splendido romanzo di Claudia Fofi, Uisciueriar, si dipanano, magistralmente descritte da uno stile quasi neorealista, che sa essere minimalista e coinvolgente, le vicende di Beatrice e dei suoi amici sullo sfondo di una città, Gubbio, che assurge a simbolo di tutte le città di provincia.
Siamo nel 1978, in TV le voci di Mike Buongiorno ed Enzo Tortora scandiscono i rituali laici degli italiani, entrando nelle case delle famiglie riunite a cena. I ragazzi giocano in cortile, si inseguono, ridono, scherzano, ma in questa spensieratezza diffusa c’è un elemento dissonante: gli occhi di Anna, mamma di Beatrice, che osserva, tutti i giorni per tutto il giorno, dalla finestra di casa. Una casa che è diventata una fortezza e dalla quale, da alcuni mesi, si rifiuta di uscire, intrappolata in quel male di vivere che si allarga minaccioso sulla sua famiglia: sul marito, che non capisce, e su Beatrice, il cui desiderio più grande è riavere indietro la mamma di prima, quella che usciva, quella che le parlava e che non indossava scuri occhiali da sole anche di sera.
Le parole che salvano l’anima
Con questa lama che le affonda nel petto, Beatrice cerca di non lasciarsi ferire dalle chiacchiere della gente, dai suoi pregiudizi, dalle maldicenze sulla madre. Ogni giorno vorrebbe spronarla a uscire, ogni giorno vorrebbe poter portare un’amica a casa, ma le sue richieste si infrangono mute contro un muro di inattaccabile silenzio. Beatrice si sente spesso esclusa dal mondo della felicità degli altri, “come un sasso calpestato” e, come una sorta di talismano, si ripete in bocca il suono delle parole. Ci sono quelle belle, da imparare a memoria, e quelle che hanno un suono sgradevole, da dimenticare.
Splendide le pennellate che descrivono la festa patronale di Gubbio, che si fa metafora di vita, quando tutta la città si riversa per le strade in un potente rito di felicità collettiva, la stessa nella quale, anche se per poco, si sente immersa Beatrice.
Uisciueriar: il ruolo salvifico della musica

Intorno a lei si muove un universo composito di personaggi: il padre, che cerca di dimenticare la tristezza di casa in un’avvilente relazione extraconiugale, la nonna, che attribuisce il dolore della figlia ai malocchi della gente, Andreina, la sua amica del cuore, e i ragazzi più grandi, simbolo di una libertà che l’attrae e la spaventa al tempo stesso. In quell’età ingrata che segna il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, Beatrice si imbatte per la prima volta in una famosa canzone dei Pink Floyd, una canzone meravigliosa e salvifica che diventa desiderio di farsi grandi e, insieme, preghiera accorata di riavere indietro il passato: Wish you were here, Uisciueriar.
Una narrazione intensa ed emozionante, capace di trattare un tema, quello della depressione, senza rinunciare alla tenerezza e allo stupore, facendo rivivere in chi legge le sensazioni spesso contrastanti dell’infanzia, quando il mondo appare una distesa in chiaroscuro di opportunità da esplorare.
IL VINO
Si accompagna a questa lettura un Torgiano Rosso Riserva DOCG, vino intenso e strutturato, ma dal delicato bouquet di aromi fruttati e floreali, che ricordano l’infanzia.
LE CITAZIONI

“I matti esibiscono le loro voglie e le loro paure alla luce del sole e questo scoperchia i pensieri di tutti”.
“Meglio il caos che la volontà di dio, almeno non è colpa di nessuno”.
Uisciueriar, Claudia Fofi, Excogita edizioni, a cura di Sopra le righe.