Chi conosce Roma sa bene che l’Esquilino non è un quartiere qualsiasi. È un microcosmo all’interno del quale convivono culture e stili di vita molto diversi, perché è il luogo dove centinaia di migranti provenienti da tutto il mondo hanno ricostruito le loro vite. E Piazza Vittorio è esattamente il cuore pulsante di questo multiculturalismo, in cui si verificano quotidianamente “confronti” non solo tra italiani e stranieri, ma anche tra italiani stessi, nell’eterna diatriba che divide Nord e Sud, con Roma che invece mette spesso tutti d’accordo essendo la la città contro cui è troppo facile scagliarsi.
“Questa mattina Iqbal mi ha chiesto se conoscevo la differenza tra il tollerante e il razzista. Gli ho risposto che il razzista è in contrasto con gli altri perché non li crede al suo livello, mentre il tollerante tratta gli altri con rispetto. A quel punto si è avvicinato a me per non farsi sentire da nessuno come se stesse per svelare un segreto, e mi ha sussurrato: «Il razzista non sorride!».
Ed è all’interno di un condominio di questo quartiere che è ambientata la storia di “Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio”, un giallo che, con il pretesto dell’assassinio di un personaggio alquanto losco soprannominato Il Gladiatore, ci permette di scoprire l’universo multietnico che colora e anima l’Esquilino. Incontriamo dunque tanti personaggi, tra i quali Benedetta Esposito, napoletana, addetta alle pulizie dello stabile che fa di tutto per impedire agli inquilini di utilizzare l’ascensore. C’è Amedeo, il mediatore, sempre disponibile a risolvere qualsiasi problema per preservare il quieto vivere. C’è Parviz, iraniano, che sebbene abbia imparato qualche parola di italiano proprio non riesce a comunicare con Benedetta. C’è Maria Cristina, badante peruviana che dispone di 12 ore di riposo settimanali, durante le quali però non fa altro che combinare guai.
“La signora Rosa ha ottant’anni. Le è venuta una paralisi dieci anni fa, e lascia la sedia a rotelle solo per fare i bisogni o stendersi sul letto. Ha quattro figli che vengono a trovarla a turno ogni domenica e rimangono solo per qualche ora. Quando arriva uno di loro iniziano le mie ferie settimanali: da mezzogiorno a mezzanotte! […] Faccio di tutto per non perdere minuti preziosi, metto a punto un programma ricco di impegni, ma ogni volta faccio la stessa cosa: vado alla stazione Termini dove si incontrano gli immigrati peruviani. I loro volti soddisfano la sete dei miei occhi e le loro parole riscaldano le mie orecchie fredde. Mi sembra di tornare a casa, a Lima”.
Lakhous, antropologo algerino, costruisce sotto forma di giallo un romanzo vivace, nel quale fa emergere il pensiero degli immigrati, la loro difficoltà di ricostruire la propria identità in uno spazio conflittivo, perché la coesistenza di culture diverse spesso sfocia in atti di incomprensione e razzismo, derivanti da un pregiudizio dal quale nessuno, neanche i migranti stessi, spesso riescono a sottrarsi. E per trovare il punto di equilibrio bisogna mettere in campo pazienza, comprensione e mediazione, necessarie quando il fine ultimo è quello di creare una società sociologicamente ricca in cui possano co-esistere e co-abitare culture diverse.
“Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio” di Amara Lakhous, edizioni E/O. Libri in Pillole.