Libri in pillole

“Perduto è questo mare” di Elisabetta Rasy: un canto di memoria tra Roma e Napoli

Ci sono alcuni libri che, più che essere letti, vanno ascoltati. Perduto è questo mare di Elisabetta Rasy è senza dubbio uno di questi. Perché non è semplicemente un romanzo, ma sembra più uno di quei diari che, sfogliandoli, hanno la capacità di riportarti indietro nel tempo e farti piombare in un’altra epoca, in un’altra società, in quei luoghi della memoria che, benché modificati e alterati dal passare del tempo, appaiono comunque vividi, estremamente reali.

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Ed ecco allora che torna utile mettersi comodi e allontanare ogni distrazione per assaporare ogni nota del racconto di Elisabetta Rasy che, come un canto di sirena, è ammaliante, delicato, pieno di nostalgia e malinconia.

Sono molteplici i protagonisti di questo romanzo: in primo luogo i ricordi di una ragazza, che ripercorre la sua infanzia e adolescenza segnata dalla separazione dei propri genitori. Una vita, dunque, divisa a metà tra padre e madre, tra Napoli e Roma, vissuta nel contesto storico del post guerra, in quella società ferita che prova a rincorrere con affanno un nuovo inizio. Poi ci sono Napoli e Roma, due città diverse ma legate dalla stessa dolorosa eredità post bellica: la prima mitigata dal mare, sempre presente, sempre pronto ad accogliere i suoi figli per restituire attimi di equilibrio e serenità; la seconda, con le sue porte sempre spalancate, pronta ad abbracciare i suoi nuovi figli nei suoi immensi spazi, dove tante famiglie hanno provato a ricostruire la propria esistenza lontano dalle mura di casa.

“Io nuoto. Nuoto per ore nel mare di Posillipo per togliermi di dosso il buio della casa. L’acqua è sempre uguale e sempre diversa, come una persona davvero amata. Cambiano i colori, verde accanto agli scogli, azzurra un po’ più in là, proprio blu più avanti. Cambia la direzione della corrente, la forza delle onde. Ogni volta è una sorpresa. Nella città che ho lasciato bambina, adesso tutto è cambiato, ma il nuoto è la salvezza. Sto ore in acqua. […] Più che il nuoto la salvezza è l’acqua di mare: anche se nessuno mai ti accarezza, il mare ti accarezza, cura la pelle, liscia e ordina i capelli, specie i miei che sono sempre in disordine e ribelli alla spazzola”.

Poi c’è la letteratura: quella di Raffaele La Capria, amico dell’autrice, protagonista anch’egli della migrazione da Napoli a Roma alla ricerca di una nuova vita, di nuovi equilibri, di una nuova luce in grado di illuminare le ripartenze di chi ha visto sgretolare davanti a sé la propria città e tutte le certezze in essa contenute.

Ma non solo. Nel racconto c’è anche la figura della donna, intrappolata in quella vischiosa società patriarcale, viscida e deprimente, con le sue tenaglie sempre strette per limitare ogni libertà femminile, nel tentativo, purtroppo spesso riuscito, di assoggettare la donna alle proprie volontà.

Insomma, Perduto è questo mare è un libro che parla di perdita e di ricostruzione, di crescita e di formazione, e lo fa in maniera profonda, coinvolgente, con una scrittura elegante, evocativa, intima, in cui ogni parola, più che scritta, sembra disegnata per comporre il mosaico dei ricordi di chi, attraverso la memoria, prova a rimettere insieme il puzzle della propria esistenza, nel tentativo di ridare significato anche a quei legami familiari che, almeno in apparenza, sembravano irrimediabilmente perduti.

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“Perduto è questo mare” di Elisabetta Rasy, edizioni Rizzoli. Libri in Pillole.

Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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