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“Il gioco sporco” di Valerio Nicolosi: recensione libro

Ogni volta che i migranti tornano a far parlare di sé è solo per alimentare il dibattito politico di chi ha tutto da guadagnare e niente da perdere: guadagnano voti i parlamentari, guadagnano lettori o follower i giornalisti e gli influencer che si occupano del tema. Mentre i migranti perdono anni di vita

Per “Il gioco sporco” volevo regalarvi qualcosa di diverso rispetto alla solita recensione del libro, così ho incontrato Valerio Nicolosi.

Dopo aver letto il libro, l’ho raggiunto alla presentazione romana de “Il gioco sporco”.

L’ho fatto perché un libro come questo va ben oltre l’analisi di cosa racconta e di come è scritto ( peraltro in maniera egregia, trattandosi di un giornalista di indiscusso spessore).

La lettura del libro di Nicolosi lascia solchi nell’anima di chi legge. Mi sono sentita colpevole; colpevole della mia indifferenza per cosa accade accanto a me. Io che mi sentivo una cittadina modello per come abbiamo accolto le persone in fuga dall’Ucraina, ora mi sento una persona che non osserva davvero la realtà delle cose. Mi sono accorta di come cambia la percezione delle cose quando il punto di vista stesso cambia.

Nel 2020, complessivamente sono state 274.000 persone a lasciare il nostro Paese, mentre solo 26.551 sono state le persone che hanno chiesto asilo in Italia. Forse varrebbe la pena riflettere quando sentiamo la parola “invasione” oppure “emergenza” accostata ai migranti.

Così ho lasciato parlare Valerio Nicolosi, che di cose da dire ne ha molte e tutte vissute sulla sua pelle.

una volta mi hanno talmente picchiato che non riuscivo più a tornare indietro, mi dice Hamza, sollevando la maglia per farmi vedere le cicatrici”

Con il governo Meloni il tema migranti torna a essere centrale. Tu nel libro parli proprio di come, ciclicamente, i governi usino i migranti come scudo. Anche stavolta usiamo i migranti per nascondere le vere emergenze?

Il gioco sporco l’uso dei migranti come arma impropria

In questo caso sono un’arma di distrazione di massa, non a caso il sottotitolo del libro è “l’uso dei migranti come arma impropria”.

E uno degli utilizzi impropri è la distrazione di massa, perché si parla di migranti per non parlare di altro. Nel caso di questo nuovo Governo non solo si parla di migranti ma anche di Ong.

Se ragioniamo sui dati del Viminale, lo stesso ministero che attacca le Ong, vediamo come queste intervengano solo per il 10% circa dei salvataggi. Quindi il 90% dei soccorsi sono effettuati dalle autorità italiane, Guardia Costiera in primis poi Guardia di Finanza. Ma se la sensazione che dai al cittadino è che le Ong sono coloro che portano i migranti e gli scafisti, allora, tu cittadino, ti senti accerchiato dalle organizzazioni.

Ma le Ong hanno una funzione importantissima, sono un osservatorio indipendente, hanno un occhio cinico nel Mediterraneo centrale dove avvengono spesso respingimenti poco chiari.

Per tornare al libro, tu stesso racconti che i flussi migratori in realtà non si fermano, si spostano soltanto. Chiusa una frontiera le persone tentano il viaggio da altre parti.

Meloni sulla rotta libica arriva tardi, quella rotta si è ridota notevolmente. Questo perché i trafficanti, essendo dei banditi, non hanno bisogno del sostegno dell’opinione pubblica per decidere come agire.

In questo momento a Lampedusa, la maggior parte degli arrivi sono tunisini, ma ci sono anche molti sub – sahariani. Queste persone una volta arrivavano dalla Libia, che era il punto di congiunzione di tutte le rotte che partivano dal corno d’Africa, dal sud Sudan, dall’Egitto. Oppure dalla Nigeria dal Senegal, dal Mali, dalla Costa D’Avorio e dal Niger. Noi paghiamo la Guardia Costiera Libica per bloccare le partenze e i trafficanti, che spesso sono conniventi con loro, si sono organizzati. Continuano a prendere i soldi dal Governo Italiano e contemporaneamente spostano il flusso in Tunisia. Semplicemente, ora le persone che partivano dalla Libia partono dalla Tunisia.

Militarizzare una frontiera significa solo aumentare la possibilità che quelle persone muoiano.

“Alla fine il mio amico ha detto: Io parto ti aspetto in Italia. Lo hanno trovato morto nei boschi due settimane dopo, vicino al confine di Trieste. Lo ha visto un elicottero dell’esercito sloveno. Questo è quello che ti volevo dire, che noi siamo stanchi e alla fine la morte arriva”

Tentano “the Game”?

Esatto, nel libro faccio proprio l’esempio del videogioco di Super Mario. Loro stessi lo chiamano “the Game”. Funziona così: i livelli sono i Paesi e alla fine di ogni livello c’è il mostro da sconfiggere. Quel mostro è la frontiera.

Ma questo non è un videogioco, le persone non hanno tre vite e se perdi non ricominci da capo. Muori.

Spesso facciamo mettere a repentaglio la vita a persone che stanno scappando dalla miseria, dalla fame o che sono perseguitate nel loro Paese.

Ogni persona ha diritto di chiedere asilo, non dobbiamo impedirglielo. Ricordiamoci che il diritto d’asilo è un diritto individuale non va in base all’appartenenza a questo o quel popolo. Noi invece facciamo una selezione, li rimpatriamo oppure li lasciamo morire nel tragitto, così ne arrivano meno.

Nel libro racconti di scontri tra cittadini e migranti, nello specifico parli della guerriglia che si è scatenata a Lesbo che portò all’incendio del campo profughi di Moria, cosa accade in questi casi?

Lesbo era un meraviglioso esempio di accoglienza, purtroppo sono gli stessi governi che cercano la guerra tra poveri. In un Paese schiacciato dalla crisi economica, un’isola come Lesbo si sostiene quasi esclusivamente di turismo. Per anni Lesbo dovette farsi carico di un flusso importante di migranti che però andrebbe diviso per 27 Paesi e non lasciato ad una sola isola. In quel contesto difficile si sono inserite e hanno cavalcato l’onda del malcontento, gruppi di estrema destra greca. Il risultato fu il generare di scontri violenti e una vera caccia al migrante.

Cosa vorresti lasciare ai tuoi lettori?

Amarezza, l’amarezza di sapere che a tre ore e mezza da casa nostra esiste un posto terribile che si chiama Bihać, ma si chiama anche Velika Kladusa, che si chiama Lipa. Posti dove noi releghiamo delle persone che scappano da fame e guerra. Li facciamo picchiare, torturare, gli facciamo bere acqua di fiume, dormire in palazzi abbandonati. Di questa verità dovremmo avere consapevolezza.

“Sono stanco delle frontiere chiuse. È possibile che dopo il sentiero della Morte ci debba essere Montecarlo?”

Biografia dell’Autore

Valerio Nicolosi

Valerio Nicolosi è nato a Roma nel 1984. Giornalista, regista e fotografo, si occupa di tematiche sociali, rotte migratorie e Medio Oriente. Ha diretto il docu-film Ants, sulle rotte migratorie verso l’Europa, e altri documentari a sfondo sociale. Collabora con Mediaset, Rai, Associated Press, Reuters, Ansa e con vari quotidiani nazionali e internazionali. Ha vinto premi come fotoreporter e regista. Quando può, tiene seminari e incontri nelle università italiane e palestinesi. Ha pubblicato tra gli altri libri (R)esistenze (Crowdbooks 2018) e Mediterraneo (con Caterina Bonvicini, Einaudi 2022) ed è autore di podcast per «Micromega» e Storytel.

Edizioni Rizzoli a cura di Lib(e)ri di leggere.

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Morena Di Giulio

Classe 1984, dopo una laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo lavora prima come redattrice di cronaca in varie testate locali, per poi approdare nel mondo della radiofonia senza mai mettere da parte il suo grande amore per la lettura e l'editoria. Storica mancata, giocatrice di ruolo, appassionata di viaggi e divoratrice di libri. Nel cassetto dei sogni, fare il giro del mondo.

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