L’ultimo libro di Riccardo Piglia, morto pochi mesi dopo la stesura finale, è un unicum assoluto, un progetto letterario completato e realizzato interamente utilizzando il Tobii che non è altro che un sistema che permette ai malati di SLA di tradurre in pensiero scritto i movimenti degli occhi.
Non sono particolarmente avvezzo alle storie di commissari, ispettori, detective o simili né tantomeno ho un debole del genere racconti, almeno non si tratti di “quarantanove” oppure geni come Cortázar, Borges e pochi altri, eppure questo volume ha una connotazione diversa, un esercizio di stile che celebra e rende omaggio alla bellezza ed all’incanto della letteratura con le tematiche care e ricorrenti nell’opera dell’intellettuale argentino, in generale anche nel tessuto narrativo sociale tipico della letteratura sudamericana, quali per esempio il continuo contrasto e sovraesposizione tra realtà e finzione con il conseguente abbattimento di frontiere labili che separano il vero dal falso piuttosto che il rifugiarsi, con intenti sovversivi, dietro le pieghe dell’utopia per cercare di scardinare e smascherare i rapporti di potere. Un campionario di umanità a tratti irriverente, spesso indolente quasi sempre sconfitto, mai arrendevole.
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“I casi del commissario Croce” di Ricardo Piglia, edizioni Sur. Latinoamericana.