Le dicerie sono voci incontrollate. Si allungano con un niente. Basta il disprezzo di qualcuno per alimentare il fuoco del sospetto che si accende a tal punto da diventare, per molti, una verità. Avere la lingua tagliente e un comportamento libero da qualsiasi regola mettono a rischio, con facilità, la condotta di una donna. E sono le donne stesse ad accanirsi di più tra loro per far cadere ora un nome e poi un altro ancora.
In Le streghe di Manningtree di A. K. Blakemore senti addosso la vergogna della povertà e dell’abbandono sociale. Le donne lasciate sole devono cavarsela come possono sfidando, soprattutto, le pesanti dicerie sul loro conto. Donne che, molti vorrebbero mute e isolate, hanno la rabbia nelle viscere per un riscatto che viene dal desiderio di essere ciò che si vorrebbe. Inghilterra, 1643. A Manningtree le donne sono abbandonate a se stesse, gli uomini sono in guerra. Alcune di loro, che vivono ai margini della comunità e sono quelle più povere e disgraziate, vivono lo spettro della miseria. I giorni sono sempre uguali, fino a quando la febbre di un bambino innesca domande incalzanti e pericolose.
Il romanzo è vivido. La scrittura è irresistibile. La storia ha un suo fascino particolare, desta interesse e curiosità.
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“Le streghe di Manningtree” di A.K. Blakemore, edizioni Fazi. Dream Book.