Bastano pochi attimi per perdere tutto, finanche la vita. Sei sospeso, attaccato a niente. Neanche ai ricordi. In quegli attimi vivi in una bolla che può scoppiare da un momento all’altro, senza conoscere la strada. Quella di tornare indietro, per poi proseguire, o quella della fine. E tu sei lì nel buio più totale, con la vista che ti ha lasciato e le voci che ti arrivano ovattate, da lontano, in ritardo. Senti anche di doverti abbandonare.
Vivo per miracolo
Del resto, non potresti fare diversamente. Nulla più dipende dalla tua volontà. Le forze sono pari a zero ed il fisico parla per te speditamente: la pressione, i battiti lenti, i muscoli gelatinosi. In quegli attimi, se hai la fortuna di avere qualcuno accanto, sai che si adopererà per te. Per farti rinsavire, aiutare, soccorrere. A te, invece, se è rimasto un briciolo di lucidità, spetta la supplica che tutto finisca presto, che le cose tornino come prima e che tu sia salvo. L’imprevedibilità della vita ti sussurra che nulla è certo, chiaro, preciso e che gli attimi hanno più potere di una vita intera. Quelli a cui quasi nessuno fa caso, da importanza, che sono la scorza ed il nerbo di un’esistenza. Solo chi ha vissuto momenti brutti, sa. Chi è stato male, chi ha sofferto, conosce il peso di quegli attimi. Anticipazione di periodi di dolore.
Nel libro Vivo per miracolo, la mia odissea di Salvatore Murrone si legge la precarietà di una vita sobbalzata sull’asfalto per aggrapparsi alla speranza di farcela, di riuscire a venir fuori dall’incubo che in un attimo ha proiettato il protagonista nel buio. Si tratta di una storia vera, di un resoconto che lo scrittore ha vissuto sulla sua pelle. Vittima di un incidente stradale, ha rischiato di morire più volte nel corso del processo di recupero della sua terapia. Ha vissuto anche il cambiamento. Si, chi ha visto la morte in faccia ed è stato ad un pelo da sentirla, chi ha sofferto tanto, cambia. Riconosce gli attimi come pupille sveglie, come ronde nascoste, come voci sussurrate.
Il libro è scorrevole, forte, per gli animi tosti. È anche molto prolisso. Alcuni passaggi non aggiungono nulla alla narrazione. Forse la necessità dell’autore di raccontare tutto sta nel fatto che con la scrittura si sia liberato anche della paura che per lungo tempo lo ha attanagliato. L’inchiostro gli sarà stato d’aiuto, certamente. Avrà metabolizzato un’esperienza raccapricciante nella speranza che abbia messo un punto su una vicenda che gli ha segnato l’animo. Certo, gli è costata sforzo, dolore, coraggio. Non dimenticherà niente, soprattutto gli attimi. Scrivere avrà significato, forse, vivere due volte.
“Vivo per miracolo” di Salvatore Murrone, Sette Muse Editrice. Dream Book.