I demoni servono. Gli artisti, gli scrittori, se li portano appresso nei momenti di estro per creare qualcosa di unico. Evitano, così, la banalità dell’invenzione. Buttano fuori dalla testa dei capolavori. Essere perseguitati dalla paura, dal rimorso, dal fallimento, da qualcosa di incompiuto che lacera le viscere, significa lasciare ciò che gli altri non sanno riconoscere perché dominati da una visione cheta della vita.
In La sposa del vento di Scilla Bonfiglioli entri nel delirio creativo di Oskar Kokosehka, un pittore straordinario. Nella Vienna di inizio Novecento, il giovane Oskar trasforma i suoi demoni in opere d’arte. La sua creatività suscita sdegno e scandalo. L’artista, lentamente, riesce ad affermarsi come un vero talento. Le visioni mostruose che lo tormentano ogni notte non gli concedono alcuna tregua, fino all’incontro con la bellissima Alma. Lei è la musa di numerosi artisti e vedova di un celebre musicista. Il pittore per la sua amata produrrà uno dei suoi celebri capolavori. Quando Alma decide di lasciarlo, Oskar precipita nuovamente nel delirio. Ma ha un colpo di genio che lo aiuterà a demonizzare ciò che lo teneva avviluppato alla sua follia.
Il romanzo è un quadro surrealista dai toni scuri. La storia è formidabile. La scrittura infiamma. Riesce a creare lo stesso tormento anche nel lettore che brucia dalla voglia di sapere come andrà a finire una pazzesca pennellata di creatività.
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“La sposa del vento” di Scilla Bonfiglioli, edizioni Fazi. Dream Book.