Il senso di appartenenza sbugiarda le parole dette a casaccio nel rumore delle chiacchiere. Conosci il peso della verità nel silenzio delle confessioni che rivolgi a te stesso. La proteggi quasi fosse un figlio da accudire. All’inizio sei curioso di novità, di scoperte, di conoscenze. Non pensi troppo a ciò che lasci perché l’euforia di conquistare spazi diversi è più forte e ha il sopravvento su ciò a cui sei abituato.
In Basta un filo di vento di Franco Faggiani conosci l’attaccamento di una comunità nei confronti della propria terra, del proprio lavoro, costruendo legami solidi e duraturi. Gregorio Bajocchi è un uomo di successo. È proprietario di un’azienda agricola, La Conventina, di oltre mille ettari sulle colline tra il Po e l’Appennino. La tenuta appartiene alla sua famiglia da sempre e quando Gregorio l’ha ereditata aveva solo diciassette anni. A quel tempo, erano stati i contadini, lì da generazioni, a prendersi cura della proprietà. L’azienda prosperava e lui studiava. Bajocchi, ormai adulto, si occupa della sua impresa. Sposa Cora dopo essere stato legato, per un certo periodo, a Emma, un’esuberante ragazza tedesca dalla quale ha avuto un figlio. Poi, l’imprenditore riceve un’offerta allettante: una società straniera vuole acquistare l’azienda. Non è una scelta facile, la sua. In ballo ci sono troppe responsabilità e senso di appartenenza.
Il romanzo scava nell’intimo dei personaggi. Li scuote, li mette a nudo, li rende vividi. La narrazione è autentica. La scrittura appare gentile, ma nasconde una forza che scuote i sentimenti del lettore.
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“Basta un filo di vento” di Franco Faggiani, Fazi editore. Dream Book.