Ho sentito da qualche parte che a Wroclaw (Breslavia), in Polonia, si possono trovare dei nani o gnomi di bronzo in giro per tutta la città. È la loro origine, tuttavia, che mi interessa raccontare: negli anni ’80 in Polonia c’era il regime comunista. Non tutti erano evidentemente contenti di ciò – ricordo il movimento di protesta “Solidarność” –, ma tra le forme di protesta contro il regime più curiose e interessanti vi era uno strano movimento chiamato “Alternativa arancione” che contestava il regime attraverso strumenti satirici e non-sense, tra i quali graffiti raffiguranti dei nani. In loro onore, dal 2001 sono stati posti quei nani – “krasnale”, in polacco –, e hanno continuato ad aumentare nel corso degli anni.
Come si può reagire alle scelte sciocche e crudeli di un tiranno? Questa è la domanda al centro de “La violenza e il riso” di Albert Cossery
Albert Cossery è stato definito il “Voltaire del Nilo” e nella sua poetica sono i poveri a vivere felici, non chi persegue il potere
Albert Cossery ha uno stile che si avvicina per incisività e per il suo essere diretto agli scrittori francesi del ‘900, come Albert Camus, di cui pure era amico. È uno scrittore, purtroppo, poco conosciuto in Italia, ma che per più di una volta fu candidato al Premio Nobel. Amico intimo di Albert Camus, Jean Genet, Henry Miller, Raymond Queneau e di altri, fu definito, essendo nato in Egitto ed essendo sempre stato legato alla sua terra, nonostante visse per due terzi della sua lunga vita in Francia, il “Voltaire del Nilo”. La sua poetica è chiara: i romanzi di Albert Cossery sono popolati di persone dei ceti più bassi; la prospettiva che ci offre è ascendente: si può guardare verso l’alto e osservare la noia delle attività dei grotteschi, ridicoli e tediosi individui che popolano le classi più elevate, mentre quelle più povere vivono felici pur nella loro povertà grazie alla pigrizia e alla possibilità, loro concessa dalla stessa autorità, involontariamente, di ridere di essa, dell’autorità, appunto: insomma, la felicità è roba da poveri, e la pigrizia e la derisione sono le migliori armi contro le menzogne e l’oppressione.
Chi sono i personaggi ai quali Albert Cossery tende a dare vita nelle sue opere, compresa “La violenza e il riso”?

(Fonte: www.alfabeta2.it)
Come ho letto da qualche parte, i personaggi di Cossery sono «gente che al progresso, al consumo, al potere oppone una ostinata resistenza fatta di ironia, disprezzo, passione per la vita nelle sue forme più elementari, il sesso, il sonno, il sogno, la contemplazione, la meditazione. Il risultato è la straordinaria ricostruzione di un mondo arabo-mediterraneo di segno rovesciato rispetto agli elementi classici dell’Occidente e dove gli infelici sono quelli che inseguono il successo, che detengono il potere, che lottano per il suo mantenimento. […] La sua formula letteraria e umana consiste nel negare valore al possesso, nel sostenere che meno si ha e più si è felici, che solo chi non può essere spogliato di nulla è veramente libero di fare tutto.»
Vi suggerisco di leggere allora questa «”Peste” di Camus tinta di sarcasmo» che è, appunto, “La violenza e il riso” di Albert Cossery
Henry Miller una volta scrisse di lui: “Nessuno scrittore ha descritto in modo più acuto e implacabile la vita di coloro che formano l’immensa folla sommersa”. Che cosa posso dire ancora di questo romanzo che viene definito nella quarta di copertina come “una “Peste” di Camus tinta di sarcasmo”? Leggetelo, non credo ve ne pentirete…
“La violenza e il riso” di Albert Cossery, edizioni Edizioni Clichy Editore. A voice from apart.