Interviste

La letteratura di ieri e di oggi secondo la Giulio Perrone editore: intervista ad Antonio Esposito

In piena estate, quando il caldo non dà tregua, Tommaso Pincio si trova a passeggiare in una Roma deserta. Camminando per le vie del quartiere Monte Sacro, ritrova e riscopre i luoghi in cui ha vissuto Ennio Flaiano e tramite questi rievoca il fervore culturale dei suoi anni. Il racconto di bar e ritrovi degli intellettuali degli anni ‘40 viene messo a confronto con il dialogo intellettuale dei nostri giorni.

Questo è quanto accade in Diario di un’estate marziana, romanzo di Tommaso Pincio edito Giulio Perrone editore.

La letteratura secondo la Giulio Perrone Editore

A raccontarci di questo libro è Antonio Esposito, editor della casa editrice romana, in un’intervista che prosegue il viaggio di The Bookadvisor nell’editoria indipendente italiana.

Anche Diario di un’estate marziana era entrato nel listone delle proposte per il Premio Strega 2023, segnalato da Nadia Terranova. Non è arrivato in dozzina, ma oggi è tra i finalisti del Premio Campiello e sta riscuotendo non poco successo.

Diario di un’estate marziana è un libro  che ha fatto un percorso particolare. – racconta Antonio Esposito – Noi abbiamo una collana che si chiama “Passaggi di dogana”, in cui Tommaso Pincio era stato invitato a scegliere e scrivere un testo e ci propose di occuparsi della Roma di Ennio Flaiano. Inizia a scrivere questo libro fin quando, a settembre dell’anno scorso, ci dice che secondo lui quella che stava venendo fuori non era una semplice guida letteraria, ma qualcosa di più personale, un romanzo.

La figura di Ennio Flaiano, che pur essendo abruzzese si sentiva romano e di cui i romani amano l’essenza, diventa pretesto per parlare della cultura letteraria di ieri e di oggi.

Accade in Diario di un’estate marziana ma anche in questa chiacchierata, in cui è proprio Antonio Esposito a ricordare che Flaiano si lega direttamente al premio Strega perchè è stato il primo vincitore del premio con “Tempo di uccidere”.

Da quel primo Premio Strega ad oggi sono cambiate molte cose. Se, infatti, è ancora vero che questo premio rimane legato alla fama dei grandi gruppi editoriali cui continua a dar ampio spazio, dall’altro si scorge un’apertura importante nei confronti dell’editoria indipendente. In che direzione sta andando o vuole andare il Premio Strega?

Secondo me un’apertura c’è. – sottolinea Esposito – Io credo sia conseguenza del caso Mondazzoli perchè in quell’anno, quando ci fu la fusione, a molti professionisti del settore la cosa non andò bene e gli stessi lasciarono i loro ruoli nei grandi marchi per trovare lavoro nelle case editrici indipendenti, anche solo per una semplice presa di posizione politica. La conseguenza è stata la professionalizzazione sempre maggiore delle case editrici indipendenti, facendo negli anni aumentare la qualità del lavoro di molte di queste. Io ti posso dire con certezza che oggi Sur, Minimum Fax, Nottetempo, Polidoro, Alter Ego, la stessa Giulio Perrone, sono realtà che fanno tutte un lavoro dignitosissimo e sono tutte circondate da professionisti. I traduttori che lavorano con noi lavorano anche con i grandi marchi mentre prima c’era una netta divisione tra questi due mondi. Ovviamente chi si occupa dei premi si è accorto di questo, si è reso conto che tenere fuori i marchi indipendenti significa tener fuori una certa editoria di qualità.

Proprio quella qualità e la ricerca di una letteratura diversa sono e diventano sempre più l’obiettivo delle case editrici indipendenti. E il premio Strega, in questo panorama, altro non è che un’occasione da cogliere, molto più che un obiettivo da perseguire. All’interno delle case editrici, come ci svela Esposito, si tende infatti a leggere molto poco i libri dello Strega e molto più ad osservarne i meccanismi. Ma – continua – ovviamente quando sei in una realtà medio/piccola lavori per un marchio che sta cercando di costruire il suo lettore, ogni editore cerca di costruirlo definendo un’identità forte e non pubblicando libri che hanno caratteristiche generaliste, che possono arrivare al grande pubblico. L’editore indipendente che stampa di un romanzo 1500 copie sa che ne può vendere 1000 e per questo cerca di lavorare sul suo zoccolo duro. Realizza quindi un libro di nicchia che è per quel pubblico lì e non lo tradisce nel tempo.

Per la Giulio Perrone Editore la passione, come lo sguardo attento e costante verso gli autori che possono dare qualcosa alla letteratura, è ciò che fa la differenza. Ma come lavora questa casa editrice?

L’editore è un mediatore culturale, si occupa del contenuto del libro. E’ nel nostro spirito, ma credo sia nello spirito di tutti gli editori, dialogare con gli autori per arrivare alla costruzione del libro e lì dove il libro non esiste dialogare per arrivare a una edizione che sia quella che ci aspettiamo. Accade, per esempio, con la collana Passaggi di dogana: quello è un progetto nostro, perchè si realizza spesso su invito, spesso il testo non c’è e immaginiamo noi delle combinazioni di luoghi e personaggi. Quindi cerchiamo gli autori o ci arrivano dagli autori delle proposte.

Mentre per quanto riguarda il romanzo il percorso è diverso, o si fa una ricerca tra i manoscritti che riceviamo, o si parte dai dialoghi con gli agenti letterari o in generale per me è divertente il lavoro fatto con le riviste letterarie, lo scouting leggendo gli autori che pubblicano sulle riviste. Si chiede poi loro se hanno manoscritti nel cassetto e si lavora insieme alla costruzione del romanzo.

Le riviste letterarie, da sempre complici dei migliori esordi letterari, raramente sono menzionate dagli editori nel racconto del loro lavoro. Per Antonio Esposito, invece, rimangono ancora una fonte importante di scouting.

Io vengo da lì – racconta – nel 2014 ho fondato assieme a un mio collega universitario la rivista Grado Zero e i primi editing li ho fatti lì, il primo scouting l’ho fatto lì. Mi sono fatto le ossa in questa rivista che pubblicava racconti in un momento in cui volevamo inserirci in un dibattito che lamentava l’assenza di pubblicazioni di racconti. Adesso quel tema è un po’ superato, ci sono molte realtà come Racconti Edizioni, Mosca Bianca, Tetra e molte altre che fanno solo racconti, ma nel 2014 era un tema molto sentito al punto, per esempio, che Fazi editore pubblicava una raccolta di racconti di Elizabeth Strout definendola romanzo. La raccolta di racconti di David Foster Wallace “Oblio” in sinossi Einaudi era presentata come “11 memorabili brevi romanzi” e uno era di sole due pagine. C’era quindi proprio questo problema di carattere merceologico, il tentativo era quello di provare a vendere i racconti senza chiamarli racconti. Quando mi sono ritrovato a lavorare in casa editrice, Polidoro prima e poi la Perrone, quello delle riviste letterarie era l’unico metodo che conoscevo, gli altri li ho imparati dopo. Per me il miglior modo è quello, ancora oggi provo a dedicare almeno un’oretta al giorno alla lettura delle riviste e quando intercetto un autore o un’autrice che mi piace cerco di mettermi in contatto per capire se ne può uscire fuori qualcosa.

L’editoria, in buona sostanza, muta continuamente con il passare del tempo. Si adegua alle tendenze, si pone obiettivi e i suoi professionisti ne definiscono i tratti. Ma che ruolo ha, tornando a parlare di Premio Strega, questa kermesse nell’evoluzione della letteratura? Contribuisce davvero a far conoscere l’editoria nuova e di qualità?

Non lo so, non so se i premi in generale hanno il compito di far conoscere il panorama editoriale. – ci dice l’editor della Giulio Perrone Editore – Hanno indubbiamente il compito di conoscerlo nel momento in cui selezionano gli autori che vanno nel parterre dei finalisti. Le proposte massicce dei libri allo Strega degli ultimi anni stanno aiutando a far conoscere. Una selezione di questo tipo, per la curiosità che c’è intorno al premio, permette agli autori di arrivare a farsi conoscere. Però non so se è compito del premio Strega far conoscere il panorama editoriale, forse è suo compito, e questo lo fa benissimo, incentivare alla lettura. Nel senso che le attività che vanno dalla dozzina fino alla serata finale con scuole, associazioni e con le varie attività aiutano a diffondere la lettura. 

Un buon lettore per me è un curioso e arriva agli editori indipendenti a prescindere, oggi più che mai, perchè anche gli spazi nelle librerie per gli indipendenti stanno aumentando. Ma anche perchè è cresciuta la cultura verso l’editore indipendente.

Ancora una volta il premio Strega è occasione ghiotta per parlare dello stato dell’editoria. La serata finale del premio, che viene mandata in prima serata e troppo spesso risulta antiquata e poco attrattiva, è probabilmente il tentativo di avvicinamento alla lettura peggio riuscito dell’intero premio. 

Credo che uno dei problemi dell’editoria negli ultimi anni sia stato proprio convincersi di dover attirare i non lettori,  – dice Esposito – le statistiche ci dicono che dal 2011 in Italia legge il 39% delle persone con piccoli picchi di 41/40%. C’è una parte dell’editoria che ha pensato di dover conquistare quel mancante 60% e il tentativo di farlo ha abbassato il livello dei libri, ha portato alla pubblicazione di libri (come quelli di youtuber e influencer) che dovrebbero parlare ai non lettori. Il punto è che il successo dei libri per non lettori ha allontanato i lettori dall’editoria. 

Il lettore non è che non legge più, legge quello che ha in libreria: torna ai classici, alle sue cose e non è incuriosito dalla novità perchè si sa che la novità è commerciale. Il lettore ha affinato il suo gusto e ha capito che anche il romanzo del buon autore può essere annacquato perchè deve arrivare a tutti. Forse è un’esagerazione, però uno dei limiti dell’editoria è forse aver puntato troppo sui non lettori. mentre io farei uno sforzo per non disperdere i lettori.

E cosa si può fare, allora, per dare ancora valore alla lettura e ai libri?

Una cosa è certa, non va demonizzato il non lettore. Il lettore non deve essere considerato come una persona che ha un punto in più nella società.

Non so dirti cosa fare in più. Ogni giorno chi lavora nell’editoria si pone questo obiettivo fosse anche solo per vendere, l’obiettivo è comunque arrivare a chi i libri li legge. Ogni piccolo editore per me deve curarsi il suo zoccolo duro di lettori, tornare sul discorso della qualità che non deve essere solo un discorso aleatorio. Qualità non vuol dire Omero e Dante, può essere anche il buon libro fatto bene che quella mia fetta di lettori legge e apprezza e sa che quando torna da me trova quelle cose lì nei libri. Questa cosa qui può garantire continuità, mentre i libri fatti e pensati male spingono le persone a non tornare a leggere. 

Anche perchè, negli ultimi anni, le case editrici indipendenti, oltre a pubblicare libri, stanno tutte raccontando il lavoro che fanno nelle redazioni, i social hanno portato il lettore anche oltre la barricata. Fino a qualche anno fa, per esempio, non si parlava così tanto degli editor mentre oggi è una figura che si accompagna proprio all’autore. Ed è anche positivo perchè significa che c’è curiosità per il laboratorio che c’è dietro al libro. Questi sono aspetti che stanno aiutando.

Nessun editore, in buona sostanza, ha la verità in tasca. Nessuno sa davvero a chi arriverà e come accadrà e, sebbene dietro ogni libro ci siano lavoro e studio costanti e professionali, accade spesso che un libro raggiunga risultati inaspettati. Come accade che progetti ambiziosi falliscano.

Quel che è certo, e la passione della Giulio Perrone ce lo dimostra ulteriormente, è che amare un libro, da editore, scrittore o lettore, può cambiare la vita.

Bonus track – il consiglio della Giulio Perrone Editore

giulio perrone editore

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Interviste

Francesca Romana Cicolella

Giornalista. Nata con una sola passione, cresciuta - per fortuna - a pane e giornalismo. Leggo tanto, scrivo il giusto. Non sono logorroica, ma se scrivo roba lunga vuol dire che ho voglia di parlarne.

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