Tanti libri e pochi lettori: la salute precaria dell’editoria italiana

Il Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2025, presentato ieri a Francoforte dall’Associazione Italiana Editori (AIE), mostra un sistema che resiste per inerzia, e che rischia di restare fermo mentre il resto del mondo accelera.
Il mercato interno è stanco
Nei primi nove mesi del 2025 il mercato trade (narrativa e saggistica) ha toccato 995,3 milioni di euro, in calo del 2% a valore e del 2,7% a copie rispetto allo stesso periodo del 2024. Tradotto: circa 1,9 milioni di libri venduti in meno. Fonte: Il Giornale della Libreria
Il presidente Ricardo Franco Levi ha spiegato ad ANSA che parte della flessione dipende dalla nuova Carta Cultura e Merito per i diciottenni, che ha sostituito la vecchia 18App: meno fondi, meno libri acquistati.
Insomma, il lettore italiano medio sembra essersi un po’ stancato. E le politiche culturali, invece di dargli una scossa, gli hanno tolto anche il caffè.
All’estero, però, il libro italiano piace
Se il mercato interno si muove al rallentatore, quello internazionale dà segnali opposti: nel 2024 gli editori italiani hanno firmato 8.484 contratti di traduzione verso l’estero, con una crescita dell’8%. Anche gli acquisti di diritti stranieri sono aumentati del 5%. Fonte: Il Giornale della Libreria
In poche parole: all’estero i nostri libri continuano a incuriosire, a vendere e a tradursi. Il made in Italy editoriale funziona, ma dentro casa non trova abbastanza lettori Troppi titoli, pochi lettori: iI rapporto segnala 85.872 nuovi titoli pubblicati nel 2024, con un catalogo “vivo” di oltre 1,5 milioni di libri disponibili. Un’abbondanza che sa un po’ di bulimia editoriale: si pubblica tanto, forse troppo, spesso senza un piano vero su chi leggerà tutto questo. Nel frattempo, le disuguaglianze nella lettura restano forti: il 77% delle persone al Centro-Nord legge almeno un libro all’anno, contro il 62% nel Sud e nelle isole. Fonte: Il Manifesto
Una ripresa timida ma non impossibile
Da luglio 2025, nota Publishing Perspectives, si vedono “timidi segnali di ripresa”. Ma l’AIE resta cauta: senza una politica culturale stabile, il rischio è di tornare a galleggiare tra bonus e burocrazia.
Certo, l’editoria italiana non sta crollando, ma ha bisogno di fiato. Gli editori continuano a produrre, i libri italiani circolano nel mondo, ma il pubblico interno si assottiglia.
E se si continua a pubblicare come se il bacino dei lettori fosse infinito, quando invece si sta restringendo, il rischio è di trovarci con scaffali pieni e librerie vuote.
Come scrive Il Manifesto, “la flessione non è drammatica, ma rivela una fragilità sistemica che nessun bonus occasionale potrà risolvere”.
Ed è difficile non essere d’accordo.



