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Perché si dice “non avere voce in capitolo”? L’origine e il significato dell’espressione

Perché si dice “non avere voce in capitolo”?

Nel Medioevo, il Capitolo era l’assemblea quotidiana dei monaci in cui si leggevano le Regole del loro ordine e si prendevano decisioni importanti. La riunione si svolgeva nella Sala Capitolare e, sebbene vi partecipassero tutti i monaci, non tutti avevano diritto di parola: i novizi e i “conversi” (persone che abbracciavano la vita monastica in tarda età) ne erano esclusi. Da qui nasce l’espressione “avere voce in capitolo”, che oggi utilizziamo in senso figurato per indicare chi ha autorità o diritto di intervenire in una discussione o decisione.

L’origine dell’espressione risale al diritto canonico, in cui significava avere diritto di parola e di voto nei capitoli ecclesiastici, i collegi di canonici di una chiesa. Il termine “capitolo” è legato al latino ire ad capitulum (“andare alla lettura di un capitolo delle Scritture”). La locuzione ha un esatto corrispettivo nel francese avoir voix au chapitre, attestato già dal XVII secolo in testi letterari e storici, a dimostrazione della sua diffusione nell’Europa cristiana.

Secondo quanto riportato su Wikipedia, il capitolo “nell’ambito di una Chiesa cattedrale (e più raramente di una chiesa concattedrale), di una chiesa abbaziale (tipicamente benedettìna) o di una chiesa collegiata, ovvero di un ordine cavalleresco, è un soggetto autonomo nelle decisioni che riguardano i suoi membri, e per questo motivo solo chi ne fa parte può intervenire nelle votazioni e nei dibattiti”.

Fonte: Focus, Treccani

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Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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