A Garamond Type

“La crepa e la luce” di Gemma Calabresi Milite: recensione libro

Chissà se il titolo del libro di Gemma Calabresi Milite LA CREPA E LA LUCE (Mondadori) è stato ispirato dalla frase contenuta nel brano “Anthem“ di Leonard Cohen:

«C’è una crepa in ogni cosa. È così che entra la luce.»

Se anche così non fosse, posso assolutamente affermare che mai titolo fu più azzeccato. Non si può negare che purtroppo tutti, prima o poi, ci rompiamo, diventiamo esseri crepati a causa di dolori dalle perdite e delusioni di cui è fatta la vita. Ma è proprio da queste crepe che la Luce riesce a filtrare, scaldando, infondendo calore e speranza.

La sua crepa

Dopo cinquant’anni di riserbo, l’autrice racconta la sua storia, che si intreccia a quella dell’Italia: la violenta e dolorosissima crepa che il 17 maggio 1972 ha stravolto la sua vita e la luce che attraverso di essa le ha dato la forza di intraprendere un cammino di perdono.

Gemma Capra sposa il 31 maggio 1969 il commissario Luigi Calabresi, Gigi, che viene assassinato sotto casa a Milano proprio quel giorno di maggio. Lei è incinta del terzo figlio e la sua vita viene travolta e stravolta: dopo la strage di Piazza Fontana nel 1969 e la caduta accidentale per un malore dell’anarchico Giuseppe Pinelli da una finestra al quarto piano della Questura, Gigi viene accusato ingiustamente di questo incidente e parte per lui un linciaggio sociale e politico che ne decreterà l’omicidio per mano di esponenti di Lotta Continua, primo di quelli che furono definiti gli Anni di Piombo.

Il vuoto e la pace

Quel 31 maggio il parroco dei coniugi Calabresi in modo inaudibile dà a Gemma l’annuncio della morte del suo Gigi e lei precipita in un vuoto totale, salvo aver avuto una prima percezione che lei e i suoi figli ce l’avrebbero fatta grazie a una sensazione, assurda in quel momento, di pace interiore assoluta, segno della presenza di Dio lì per lei, mentre si abbandona su un divano nella casa dei suoi genitori.

È il primo scalino del suo difficilissimo percorso verso il perdono, che parte dalla fede tradizionale del fare, e che, dopo un processo durato undici anni, il suo calvario, le ha permesso di cambiare prospettiva, di non chiamare più assassini ma responsabili coloro che hanno ucciso Gigi, vedendone l’umanità (il contrario del Terrorismo che oggettivizza le persone), andando oltre quello che magari è stato il loro unico atto sbagliato e cattivo. In questo modo, ha potuto amare di nuovo la vita, credere negli altri, cambiare opinione su persone che erano il male ed essere ancora felice.

A questo ottimismo ha educato i suoi figli, che però non sono ancora giunti a perdonare come lei.

«Si può vivere una vita d’amore anche dopo un dolore lacerante.
Si può credere negli esseri umani anche dopo averne conosciuto la meschinità.
Si può trovare la forza di cambiare prospettiva, allargare il cuore, sospendere il giudizio. Ho 75 anni, non so quanto ancora durerà questo mio viaggio qui. Scrivo questo libro per lasciare una testimonianza di fede e di fiducia. Per raccontare l’esperienza più significativa che mi sia mai capitata nella vita, quella che le ha dato un senso vero e profondo: perdonare.»

La parrucca, la pistola e il perdono

Nel 1981 si risposa con l’artista Tonino Milite. È madre di 4 figli: Mario, Paolo, Luigi e Uber, ai quali è dedicato questo libro, che si apre con una confessione: subito dopo l’omicidio Gemma sognava di indossare una parrucca, infiltrarsi tra le file dei terroristi per sparare a chi aveva ucciso il suo Gigi.

Poi invece non lo fa, perché la verità e la giustizia che ha ottenuto le hanno concesso la libertà. Anche di perdonare.

Le pagine sono molto toccanti e autentiche, la memoria di Gemma è diventata pagina stampata grazie alla bravura della giornalista Silvia Nucini che ha saputo darle una voce, la sua voce. Silvia Nucini ha detto che ha dato parole a un’esperienza di vita illuminante, a una riflessione sul senso della vita che, al di là della fede che ognuno di noi ha o non ha, è indiscutibilmente preziosa.

«Per tanto tempo ho pensato che la mia vita avesse senso perché avevo un compito: tenere viva la memoria e testimoniare. …
L’ho amata tanto questa vita. Così tanto che, nonostante il dolore, non la cambierei con nessun’altra. 
Se non mi fosse accaduta questa tragedia, non avrei mai iniziato il mio cammino di fede e di umanità, e sarei una persona peggiore.
È stato, ed è, un viaggio di amore e di libertà. Ho fatto tutto le salite: ho le gambe forti, e il cuore pieno.
Ho dato tanto, ho ricevuto tanto.
Grazie.»

Mi sento di poter come sempre affermare che «Ciò che dai è tuo per sempre.» (Corano, ma anche Vangelo di Matteo, eh).

Vieni a parlare di libri con tutti noi, nel gruppo di Facebook The BookAdvisor

La crepa e la luce” di Gemma Calabresi MiliteMondadori. A Garamond Type.

Laura Busnelli

Commercialista “pentita”, ho maturato anche un’esperienza pluriennale in Sony. Lettrice appassionata e tuttologa, all’alba dei quarant’anni mi sono scoperta scrittrice, dopo essermi occupata di correzione bozze ed editing. Sono stata una libraia indipendente per tre anni, saltuariamente faccio ancora incontrare libri e lettori con grande gioia. Operatrice culturale, modero spesso eventi e racconto il mondo dei libri anche online, tengo una rubrica su libri a tema animali su RadioBau & Co. (web radio del gruppo Mediaset) e collaboro con l'associazione culturale "Librai in corso" nell’organizzazione di eventi e in corsi a tema. La mia rubrica qui si chiama "A Garamond Type" perché il Garamond è il carattere adottato per quasi tutti i libri italiani e Type sta sia per carattere, font, sia per tizio. E la tizia sarei io.

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio