Centenario Italo Calvino

8 curiosità su “Il barone rampante” di Italo Calvino che vi sorprenderanno [foto]

La storia del Barone Cosimo Piovasco di Rondò, indomabile ribelle dodicenne che sale su un albero per non ridiscenderne mai più, è considerata uno dei maggiori capolavori della letteratura classica moderna. Scopriamo insieme, quindi, otto curiosità su “Il barone rampante” di Italo Calvino:

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1.

Il romanzo costituisce il secondo volume di una trilogia, nota come “I nostri antenati”, che comprende anche “Il visconte dimezzato” ed “Il cavaliere inesistente”. In realtà, però, solo dopo la pubblicazione dei tre testi, l’autore suggerì di considerarli come opera unitaria, poiché profondamente legati nel loro comune significato. In una nota che appose alla traduzione inglese del 1980 spiegò: “Il racconto nasce dall’immagine, non da una tesi che io voglia dimostrare; l’immagine si sviluppa in una storia secondo una sua logica interna; la storia prende dei significati, o meglio: intorno all’immagine s’estende una serie di significati che restano sempre un po’ fluttuanti, senza imporsi in un’interpretazione unica e obbligatoria. Si tratta più che altro di temi morali che l’immagine centrale suggerisce e che trovano un’esemplificazione anche nelle storie secondarie: nel Visconte storie d’incompletezza, di parzialità, di mancata realizzazione d’una pienezza umana; nel Barone storie d’isolamento, di distanza, di difficoltà di rapporto col prossimo; nel Cavaliere storie di formalismi vuoti e di concretezza del vivere, di presa di coscienza d’essere al mondo e autocostruzione d’un destino, oppure d’indifferenziazione dal tutto”.

2.

Agli inizi degli anni Cinquanta, Calvino, si prefissò l’obiettivo di scrivere un romanzo realistico sulla società italiana dell’epoca. Nel 1952, però, l’ispirazione, condusse lo scrittore, verso un impianto del tutto differente: fiabesco in funzione allegorica e simbolica. Prese forma, così, “Il visconte dimezzato”, che aprirà le porte al grande tema dell’identità, il quale, a sua volta, condurrà alla nascita de “Il barone rampante”, secondo molti critici, l’esempio più riuscito della trilogia. 

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3.

Il romanzo narra le vicende del giovane Cosimo Piovasco di Rondò, che all’età di dodici anni, dopo un litigio con i suoi genitori, si arrampica su un albero del giardino di casa per poi decidere di non scendervi mai più. Cosimo, fermamente convinto della sua scelta, costruirà una propria vita sugli alberi, trovando un modo anticonvenzionale (ma felice) di vivere la propria esistenza. Se ad un primo sguardo può sembrare che il protagonista rifiuti di accettare qualunque tipo di regola, ad una più attenta analisi, diventa chiaro che, in realtà, Cosimo, pur rigettando le consuetudini sociali, non condurrà mai una vita priva di norme, piuttosto, ne costruirà di proprie, a partire proprio da quella di tener fede al suo più grande impegno: non abbandonare mai più l’albero. Calvino scriverà: “La prima lezione che potremmo trarre dal libro, è che la disobbedienza acquista un senso solo quando diventa una disciplina morale più rigorosa e ardua a quella a cui si ribella”. 

4.

Nella prefazione alla trilogia, Calvino spiegò così la scelta del titolo “I nostri antenati”: “Raccolgo in questo volume tre storie che hanno in comune il fatto di essere inverosimili e di svolgersi in epoche lontane e in paesi immaginari. Ho voluto farne una trilogia sul come realizzarsi esseri umani, tre gradi d’approccio alla libertà. […] Vorrei che potessero essere guardate come un albero genealogico degli antenati dell’uomo contemporaneo, in cui ogni volto cela qualche tratto delle persone che ci sono intorno, di voi, di me stesso”.

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5.

L’opera è ambientata nel Settecento, l’epoca che diede i natali al pensiero illuminista, i cui valori si concretizzano proprio nella figura del protagonista Cosimo. Leonardo Sciascia, sulla rivista “Il Ponte”, commentò: “Il sonno della ragione genera mostri, scriveva Goya sotto una delle sue acqueforti e Cosimo è come una sentinella della ragione, vigile e scattante contro tutti i mostri della natura e della storia”. Una lettura confermata, più tardi, dallo stesso autore. 

(in foto: “Il sonno della ragione genera mostri” di Francisco Goya) (2012, Google Cultural Institute, CC0 Public Domain, Wikimedia Commons)

6.

La prima edizione de “Il barone rampante” è dedicata ad Elsa De Giorgi, celata dallo pseudonimo di Paloma. Calvino ebbe con l’attrice, una relazione molto complicata, fatta di incontri rubati, viaggi ed appuntamenti su svariati treni. Nonostante i due cercassero di tenere nascosta la loro storia, ci furono molte chiacchiere nell’ambiente letterario e diversi pettegolezzi vennero riportati dai giornali scandalistici. Sarà Elsa, poi, a raccontare di quell’amore tormentato, nella sua autobiografia “Ho visto partire il tuo treno”, pubblicata qualche anno dopo la morte dell’autore. 

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7.

Nel 1965, fu ristampata un’edizione scolastica de “Il barone rampante”, per cui il testo originale fu sottoposto ad una puntuale revisione volta a semplificare i passaggi più ostici per i piccoli lettori. Alcuni termini della versione originale, subirono, così, delle modifiche, ad esempio il “battichiappe” divenne uno “spiedo per i tordi”, mentre gli insulti dialettali “Cuiasse! Belinùi!” si trasformarono in un indiretto “lanciarono i peggiori improperi”. I cani non facevano più “una pisciatina contro un sasso”, ma soltanto “alzano una zampa”. L’irriverente barone non disse a suo padre: “Ma io dagli alberi piscio più lontano!” bensì “Quando io sputo dagli alberi, sulla terra ci piove!”. Per l’edizione scolastica del romanzo furono anche espunti alcuni riferimenti sessuali, politici e soprattutto religiosi, probabilmente per non offendere il pubblico degli insegnanti. Ad operare tale “censura”, che non sembra essere stata in alcun modo imposta, fu un “meticoloso docente e pedagogista”: Tonio Cavilla, pseudonimo dietro il quale si nascondeva lo stesso autore. Toni Cavilla, è infatti, l’anagramma di Italo Calvino. 

(In foto: Italo Calvino) (1961, Johan Brun, CC BY-SA 4.0, Wikimedia Commons)

8.

Il romanzo fu ispirato da una storia che il giardiniere e botanico Libereso Guglielmi, raccontò a Calvino in gioventù. Il “Giardiniere di Calvino”, (così verrà ricordato Guglielmini, dal titolo del libro che Ippolito Pizzetti gli dedicò nel 1993), era figlio di un anarchico tolstojano, e conobbe Italo all’età di 15 anni, quando divenne allievo di suo padre Mario Calvino. Per molto tempo gli studiosi pensarono che proprio il noto botanico, avesse ispirato la figura di Cosimo, ma in un’intervista del 2008, Guglielmi chiarì: “Il modello de “ Il barone rampante”, in realtà, era uno zio di Calvino. Ma io gli raccontai la storia di un bosco così fitto che si poteva passare di ramo in ramo senza mai scendere dagli alberi. Italo, che era un grande ascoltatore, rimase affascinato da quella storia.” 

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Detto questo, non ci resta che salire (metaforicamente magari) sull’albero più alto a nostra disposizione,  guardare il mondo dalla giusta distanza ed immergerci nella lettura (o rilettura) di quest’opera straordinaria, che tra esperienza formativa, realismo e fantasia, lancia un forte grido di allarme all’uomo contemporaneo. 

“È chiaro che oggi viviamo in un mondo di non eccentrici, di persone cui la più semplice individualità è negata, tanto sono ridotte, a una astratta somma di comportamenti prestabiliti. Il problema d’oggi non è ormai più della perdita d’una parte di se stessi, è della perdita totale, del non esserci per nulla.” 

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P.S.

La prima edizione de “Il barone rampante” è stata pubblicata da Einaudi nel 1957 e riporta in copertina il “Ladro di nidi”, un dipinto di Pieter Brueghel il Vecchio che nasconde un duplice significato. Da un lato, il quadro rappresa il proverbio popolare “Chi sa dov’è il nido lo conosce, chi lo ruba lo possiede”, inteso come “chi è invadente ottiene quello che vuole”, dall’altro; dall’altro, il fatto che il protagonista, distratto nell’additare il ladro, stia per cadere in un ruscello, indica probabilmente una trasposizione del Vangelo di Matteo quando dice “non bisogna badare alla pagliuzza nell’occhio del fratello, dimenticando la trave nel proprio”.

(In foto: Il “Ladro di nidi” di Pieter Brueghel il Vecchio) (2010, The Atheneum, CC0 Public Domain, Wikimedia Commons)

The BookAvisor dedica una intera sezione al centenario di Italo Calvino, dove saranno raccolti materiali, recensioni, spunti, approfondimenti e idee relative all’autore italocubano: Centenario Italo Calvino.

Articolo a cura di Angela Finelli.

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Angela Finelli

Classe 1987. Nata a Napoli, tra i vicoli e l'odore del ragù lasciato a "pappuliare" a fuoco lento già dall'alba. Amante dei libri da sempre, della buona cucina e delle mete insolite. Dipendente dal caffè, dalle risate spontanee e da quella punta di follia che rende la vita imprevedibile. Fiera sostenitrice del potere delle parole e dei sussurri nascosti tra le righe, quelli che lasciano un'impronta nella memoria e i brividi sulla pelle.

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