Dream Book

“Viaggio a Treblinka” di Diana Wichtel: recensione libro

La polvere può sparire, può anche accumularsi. Basta un soffio per non vederla più, sparita. Polverizzata. Alcuni ricordi sono come la polvere, tornano sempre. Restano e resistono se non si passa una mano di straccio. I ricordi brutti, poi, sono fastidiosi perché intossicano l’esistenza.

E anche se ti prendi cura di te e della tua mente restano attaccati per molestare la serenità, o quello che di essa resta. Ci sono però ricordi a cui ti aggrappi per non perdere il filo della storia che hai sentito a metà. Parole mozzate e frame di immagini che non si accodano a niente. Questi sono i ricordi che vorresti mettere insieme, uno dopo l’altro, per ricostruire ciò che non ti hanno voluto dire per risparmiarti il dolore. Eppure, lo hai vissuto guardando quegli occhi che hanno taciuto per salvarti. I sopravvissuti all’Olocausto hanno accumulato polvere ogni santo giorno dopo le atrocità viste e subite senza riuscire a cancellare ciò che hanno vissuto. Hanno protetto i figli con il silenzio. Dalla loro bocca saranno uscite poche parole, scarne e scomode. Quando la storia di famiglia è stata distrutta o taciuta, spetta ai figli ricomporla per dare corpo alla dignità di uomini, donne, bambini, uccisi per irragionevoli leggi razziali.

In Viaggio a Treblinka di Diana Wichtel sei parte dell’eredità lasciata ai figli degli ebrei sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti. Dolore. Sei polvere, nomi, numeri, scomparse. Finisci in un mondo perso che riemerge dai ricordi. Sei polvere, terra e vita ricostruita. Sei, infine, parte della ricerca che la scrittrice fa per conoscere la storia del padre, ebreo polacco di Varsavia sopravvissuto all’Olocausto dopo aver saltato dal treno che lo stava portando, insieme alla sua famiglia, a Treblinka, un campo di concentramento. La Wichetl scava negli archivi di mezzo mondo e visita i luoghi in cui ha vissuto il padre. Il suo è anche un viaggio introspettivo che evidenzia il dolore della perdita, il valore della famiglia e la responsabilità dei discendenti dei sopravvissuti nei confronti della Storia. Tacere in fondo significa anche tenersi dentro la polvere.

Evocativa la prosa. La narrazione segna la geografia dei ricordi, delle parole sentite e lette per venire a capo sulla storia di suo padre e della sua numerosa famiglia sterminata dai nazisti. Non c’è retorica. Non ci sono neanche giudizi. Solo fatti, racconti di una parte di vita con il padre e ricerche, testimonianze, viaggi. La scrittura raccoglie tutto quello che il lettore sente diventando esso stesso dolore.

“Viaggio a Treblinka” di Diana Wichtel, Edizioni Battaglia. Dream Book.

Lucia Accoto

Lucia Accoto. Critico letterario Rai Cultura per Mille e un libro Scrittori in Tv di Gigi Marzullo su Rai1. Giornalista pubblicista, recensore professionista. Lettura, scrittura e stile, fonti di vita e di ispirazione

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