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“Quell’anno a scuola” di Tobias Wolff: recensione libro

Se avete nostalgia delle ambientazioni e delle atmosfere di cui “L’attimo fuggente”, con uno strepitoso Robin Williams nella parte del professor Keating, ci ha fatto fare esperienza, allora troverete del balsamo lenitivo nella lettura di questa interessantissima opera di Tobias Wolff dal titolo “Quell’anno a scuola”.

La tradizione della Hill School

Anni ’60, Stati Uniti. Mentre l’America è impegnata, date le imminenti elezioni presidenziali, ad ascoltare i dibattiti tra i due candidati che si fronteggiano per quella carica – John Fitzgerald Kennedy per i Democratici e Richard Nixon per i Repubblicani –, a Hill School, un collegio d’élite, tutti sono in fibrillazione per un evento che ha dello storico: viene comunicata a tutta la scuola la futura visita di uno dei massimi scrittori della letteratura americana: Ernest Hemingway. Tale visita è legata a una tradizione della Hill School: agli studenti degli ultimi anni è permesso di scrivere degli elaborati che saranno sottoposti alla valutazione ogni volta di un autore o di un’autrice di un certo calibro nel panorama della letteratura americana. Al termine della valutazione, l’autore sceglierà lo scritto migliore tra quelli proposti; ciò porterà non solo al riconoscimento di tale risultato, con tanto di pubblicazione sul giornale letterario della scuola – il «Troubadour» – dello scritto vincitore e dell’intervista che verrà fatta all’autore famoso nella quale racconterà i motivi della sua scelta, ma, il giorno dell’approdo di costui presso il collegio, il premio per lo “scrittore in erba” sarà quello di poter effettuare in privato una passeggiata di un’oretta nel cortile del preside con quell’illustre autore; Hemingway, in questo caso.

Che cosa possono fare l’ambizione e la voglia di riscatto?

Il giovanissimo protagonista di quest’opera, il cui nome ci rimarrà ignoto, studente della Hill School, è non solo un ambizioso caporedattore del giornale letterario della scuola, ma anche un grande appassionato del lavoro di Ernest Hemingway, verso il quale nutre un profondo rispetto e una profonda ammirazione, e la notizia della cui venuta lo metterà, come chiunque si fosse trovato nei suoi panni, a essere onesti, in agitazione. Avremo modo di osservare, spettatori privilegiati, l’attività della sua mente acuta e vispa impegnata sia nel lavorio teso a trarre dalla lettura dei grandi scrittori americani insegnamenti che possano gettare luce su che cosa voglia dire e come essere uno scrittore, perché il suo desiderio è precipuamente quello di diventare uno scrittore che possa sedersi dignitosamente allo stesso tavolo con autori come Hemingway, Frost, Faulkner, etc., sia teso a ricercare ispirazione al fine di produrre qualcosa che abbia un valore letterario, e, nello specifico, che lo abbia per Ernest Hemingway. Si percepisce nel protagonista una richiesta di accettazione e di riconoscimento, per lui che non appartiene a una famiglia agiata come la maggior parte dei suoi compagni – è nella scuola grazie a una borsa di studio – e che mente sulla propria famiglia dipingendola per quella che non è. Nella scrittura, però, trova quella dimensione in cui può sentirsi alla pari, se non proprio superiore, agli altri. Nell’ambito della letteratura e dell’atto di scrivere opere può dare di sé dimostrazione di non essere da meno degli altri. È dunque alla letteratura, a questa passione «totalizzante», che il protagonista si affida per un riscatto. Ma che cosa possono fare l’ambizione e la voglia di riscatto?

“Quell’anno a scuola” è primariamente un libro di formazione

Tobias Wolff
(Fonte: www.it.wikipedia.org)

Il libro di Wolff si concentra sulla psicologia di questo personaggio ed è in grado di restituire una complessità che rende il protagonista “vivo”. Noi, attraverso le letture che egli compie e sulla base di quello che egli vive e fa, osserviamo la sua formazione, la sua crescita intellettuale oltre che personale. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che questo è primariamente un libro di formazione (con alcuni spunti autobiografici) in cui, mi sembra, il tema centrale è l’effetto che la lettura ha sulla formazione della propria identità; o che dovrebbe avere. Ed è chiaro a quale effetto Tobias Wolff sta pensando: emerge nitidamente dalle parole del saggio professor Ramsey, docente di letteratura inglese a Hill School, alle quali, mi sembra, è affidato il compito di rivelarcelo: «Si può immaginare un mondo senza saggistica. Sarebbe un po’ più povero, certo, come un mondo senza… senza gli scacchi, ma ci si potrebbe vivere. […] I racconti, però. Non si potrebbe vivere in un mondo senza racconti. […] Senza racconti si capirebbe a malapena in quale mondo si sta. […] Ha a che fare con l’autocoscienza.» Ed è proprio con lo sviluppo della coscienza e dell’autocoscienza del protagonista che avremo a che fare; uno sviluppo che – anche questo è da tenere a mente – avviene in un collegio la cui rigidità è testimoniata dalla presenza di un “Codice d’Onore” che regola la vita e il comportamento di tutti gli studenti e in un contesto, quale è quello della gara di scrittura, di estrema tensione e competizione, a fortiori per menti che sono comunque fresche e giovani.

“Quell’anno a scuola” è però anche altro: è una dichiarazione d’amore per la letteratura e per gli effetti che essa può produrre

“Quell’anno a scuola” è anche però un’opera che esprime un grande amore per la letteratura in generale e per il potere di cambiamento che essa ha sulle nostre singole vite, sulla società, sul potere costituito – in tale senso, memorabile è per me questa frase del protagonista: «L’effetto di tutte quelle storie [sul potere della scrittura] era di farmi sentire non il potere di Augusto, ma la sua paura di Ovidio. E per quale motivo Augusto avrebbe dovuto temere Ovidio, se non perché sapeva che né la sua divinità né tutte le sue legioni potevano proteggerlo da un buon verso poetico.»

In “Quell’anno a scuola” si respira il connubio tra vita e letteratura

Tobias Wolff, «considerato da molti il più accreditato erede di quella tradizione del realismo americano che parte da Hemingway e arriva a Carver», come dice l’edizione, ci fa dono di un’opera bella, appagante, in cui si respira il connubio tra vita e letteratura in una forma così stretta da non riuscire a discernere le due cose, anzi, tale da identificarle, rappresentando così, a mio avviso, un esempio di scrittura di cui forse avremmo più spesso bisogno, ma di cui certamente non possiamo fare a meno.

“Quell’anno a scuola” di Tobias Wolff, edizioni Einaudi editore. A voice from apart.

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