I libri di Riccardo

“Ferrovie del Messico” di Gian Marco Griffi: recensione libro

Su, lettore del Messico, come ti apostroferebbero Ettore e Nicolao, ti sarai ben reso conto che dalle nostre parti, dopo una pletora di casi editoriali, finalmente abbiamo tra le mani un caso letterario. Su, lettore Non Ancora del Messico, cosa aspetti a prendere una pallina da tennis, tagliarla a metà, com’è costume a Santa Brígida de la Ciénaga, infilarci il titolo di questo romanzo e lanciarla verso una libreria. Perché, caro lettore del Messico o non Ancora del Messico, su questo romanzo ci puoi anche scommettere, come ci hanno scommesso i lettori che grazie a un passaparola da congiurati lo stanno portando in zone alte, a respirare l’aria rarefatta delle classifiche nonostante le incombenti strenne natalizie, anzi puoi scommettere di poterci scommettere, perché l’unico problema di questo fantasmatico romanzo è riuscire a procurarsene una copia in tempi accettabili.

Siamo ad Asti nel ‘44, mogi tempi da “Cuoco di Salò”, gli americani risalgono la penisola e il Nord si prepara alla fine del ventennio, diavoleggiano violenza nazista e italico sconforto, come si evince da uno degli incipit più efficaci degli ultimi anni…

“Era un brutto periodo. Ennio aveva disertato, a Luigi Bocca avevano sparato per sbaglio al lobo di un orecchio, il maestro Pozzi aveva perso tre dita della mano destra e bestemmiava ogni volta che armeggiava per scrivere con la sinistra. Il re era scappato, i passeggeri svanivano sui treni, il barbiere Gianni era scappato pure lui, salito su qualche collina per far la guerra alla Repubblica, e nel quartiere avevano tutti la barba da fare. Anche Pietro aveva disertato, il Gran Cinema Vittoria era chiuso, il mio dentista Grandi era alle Nuove a Torino accusato di tradimento, e io mi tenevo il mal di denti da tre giorni.
E questo non era neppure il peggio. I tedeschi trascinavano il corpo morto dell’Italia furibondi come Achille sotto le mura di Troia, non avevo notizie di Firmino da quando era tornato dalla Russia, mia madre cucinava pietanze che sapevano di polvere e a me restava una settimana per realizzare una mappa ferroviaria del Messico.
Questo, era il peggio”

…ciascuno recita un ultimo ruolo, a ciascuno tocca un’ultima mansione: a Cesco Magetti, milite della Guardia nazionale repubblicana ferroviaria, quella di tracciare una mappa dettagliata delle Ferrovie del Messico, in seguito a un ordine disperato, partito da Berlino e divisosi nel viaggio in imperscrutabili traiettorie, come gocce di pioggia sul vetro di una finestra, fino ad arrivare in quel di Asti. Un ordine perentorio, arrivato al Magetti, nonostante il feroce mal di denti del Magetti stesso e il fatto che la contezza del mondo, sempre del Magetti stesso, faticasse, anche in assenza di ascessi, ad andare più in là di Albenga. Ridente località, certo, ma piuttosto distante da Santa Brígida de la Ciénaga e non certo in grado di ribaltare le sorti del morente conflitto.

Anche il lettore sarà chiamato a tracciare una mappa, peraltro senza l’ausilio di un cartografo samoano, una mappa che gli consenta di destreggiarsi tra le mille e una citazioni e invenzioni linguistiche che strizzano l’orbita fiorita di una “calavera” al realismo magico, a Borges e Pynchon, a Roberto Bolaño e a tanti altri, classici e moderni, trasformando il romanzo in una sorta di cruciverba, come quello che, nella narrazione, reclama un suo ruolo “sesamantico” nel favorire l’apertura di un antro ferroviario. Un romanzo enciclopedico. Una galleria di personaggi che merita una visita guidata. Un romanzo dove realtà e fantasia si amalgamano, dove si magheggia con la Storia e con la Lingua, con la Lingua e con il Dialetto, con lingue millenarie e con lingue costruite a tavolino, per rendere Storia e Lingua più vivide, per restituire colore a tristi giorni in cui il nero del lutto e il grigio del fumo avevano preso il sopravvento.

Un romanzo che ho amato e spero amerete, uno di quei romanzi che, nonostante la mole, sarete tentati di rileggere appena concluso. Mi piacerebbe esser riuscito, senza anticipare più di tanto, a incuriosirvi, ad aiutarvi a capire se questo romanzo, così particolare e così diverso dal solito, così lirico e ironico, come riporta la quarta di copertina, può fare al caso vostro come ha fatto al caso mio, perché è importante che i libri finiscano nelle mani dei lettori per cui sono stati scritti, ma ancor più importante è che non finiscano nelle mani dei lettori per cui è stato scritto altro.

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“Ferrovie del Messico” di Gian Marco Griffi, Laurana Editore Milano. I libri di Riccardo

Riccardo Gavioso

Nasce a Torino nel 1959, dove si laurea in Giurisprudenza. Ma ormai incerto su chi fossero i buoni e i cattivi, e pur ritenendo il baratto una forma di scambio decisamente più evoluta del commercio, da allora è costretto a occuparsi di quest’ultimo. Inevitabile, quindi, che l’alienazione professionale lo spinga tra le braccia di una penna e che la relazione, pur tra alti e bassi, si protragga per diversi anni. Poi, deluso in egual misura da quel che si pubblica e da quel che non si pubblica, smette di scrivere narrativa e si occupa di giornalismo collaborando con diverse testate di rilievo e creando un blog che arriva a incuriosire diecimila lettori al giorno. Torna alla narrativa con Arpeggio Libero con cui pubblica attualmente. Ha ottenuto diversi riconoscimenti per i suoi racconti. Nel 1997 è stato finalista al Premio Internazionale di Narrativa “ Il Prione ”.

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