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In Italia l’editoria si conferma la prima industria culturale del Paese, con un giro d’affari di quasi tre miliardi e mezzo di euro

In Italia l’editoria si conferma la prima industria culturale del Paese, con un giro d’affari di quasi tre miliardi di mezzo di euro. L’articolo di approfondimento pubblicato da Collettiva. 

L’ultimo rapporto sullo stato dell’editoria in Italia ci presenta un settore che si conferma prima industria culturale del Paese, con un giro d’affari di quasi tre miliardi e mezzo di euro (+10,7% rispetto al 2020), circa 300 milioni in più rispetto allo stesso periodo del 2019, dunque prima della pandemia. Gli italiani comprano sempre più libri, il numero delle case editrici è aumentato, superando la quota delle 5 mila, più di 85 mila le novità in libreria, con una crescita del 15,6% sul 2020.

“Sono dati molto significativi ed incoraggianti” commenta Mihai Popescu, Slc Cgil Roma e Lazio, che incontriamo alla fiera romana di “Più Libri più liberi”, dove il sindacato è presente e attivo, perché parlare di editoria vuol dire occuparsi anche dei suoi processi produttivi e del lavoro in questo settore.

“Attualmente siamo impegnati nel rinnovo del contratto collettivo dei grafici editoriali”, spiega Popescu. In agenda le date sono due, 19 e 20 dicembre, durante le quali si discuterà la parte economica del contratto, con “due aspetti centrali su cui ci concentreremo : il recupero del potere d’acquisto dei lavoratori e gli investimenti nel settore”.

Ma quanto costa, oggi, produrre un libro? Più o meno di quanto costava ieri? Questo, infatti, è un altro dei nodi cruciali che ci raccontano di come il sistema produttivo sia cambiato, soprattutto nel caso di una filiera molto complessa, che tiene insieme anelli di una catena molto lunga, che va dal costo della carta – la materia prima – al costo delle idee, quelle di chi scrive. Ed è proprio il costo della carta, negli ultimi anni, a essere aumentato vertiginosamente, vittima sul campo dell’aumento generale dei prezzi, in primis quello dell’energia, che ha fatto duplicare il valore economico della carta a partire dal 2022.

“Abbiamo posto la questione al governo, che ha messo in campo delle politiche necessarie, ma assolutamente non sufficienti”, riprende Popescu, spiegando che questo ha impedito al settore di auto-tutelarsi in maniera adeguata e lo ha indebolito notevolmente, soprattutto rispetto agli altri mercati europei, come la Francia o la Germania: “Paghiamo lo scotto dell’assenza di un vero e serio piano nazionale dell’energia”.

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“Ripartiamo dalle persone”, esorta Popescu: “Siamo uno dei Paesi che ha la quota maggiore di lettori nella fascia dei giovani fino a 24 anni, con una punta del 57% tra gli undici e i 14 anni. Ripartiamo da qui, insegniamo ai ragazzi che la cultura ti rende libero”. Da questo punto di vista il sindacato può svolgere un ruolo chiave. Ad esempio, come fa notare Popescu, riappropriandosi del ruolo storico svolto dalle camere del lavoro: luoghi di incontro e di fruizione della cultura. Luoghi in cui gli iscritti, dopo otto ore alla catena di montaggio, andavano a leggere, ad ascoltare, a nutrire lo spirito e la mente.

Contrapporre la comunità di persone all’automazione dei processi non è facile, soprattutto in un Paese che ha visto precipitare salari e potere d’acquisto. Ma proprio per questo occorre chiedere con forza investimenti pubblici e occasioni gratuite di fruizione culturale, costruire un’economia della conoscenza. Perché dove i soldi non bastano ad arrivare a fine mese, diventa difficile pensare di spenderli per comprare un libro, andare al cinema o visitare un museo.

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Redazione

Redazione della pagina web www.thebookadvisor.it

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