Fertilemente

“Giovanissimi” di Alessio Forgione: recensione libro

“Non mi piaceva la madre di mio padre, mia nonna. Quando parlava di lui, davanti a tutti, diceva sempre <<quel povero figlio mio>>. Altre volte diceva <<quel povero figlio mio, solo, con quell’altra creatura>> ed ero io la creatura e, nonostante ciò, non si parlava mai di mia madre. Era come se non fosse mai esistita”.

Questo è il romanzo di un’assenza rumorosa, di un abbandono insanabile e di una vita costruita su quell’abbandono. Fondamenta di argilla per un cuore pesante.

Alessio Forgione

Marocco vive a Soccavo con suo padre, gioca a calcio e rincorre con pensiero sua madre, che se n’è andata in un giorno d’estate, modificando per sempre i suoi sentimenti verso la stagione delle vacanze. Marocco va male a scuola, ha un “giro” e un migliore amico, che gli ruba la ragazza ma che resta sempre un amico per adolescente cameratismo, e a un certo punto si innamora di un amore acerbo, fatto di prime volte, di fame di vita, “una bomba riempita di chiodi e pezzi di vetro che scoppia e chissà dove arriva tutto quello che c’è all’interno“.

Su tutto aleggia il fantasma di questa madre sparita chissà dove, di cui a volte non ricorda più nemmeno il viso, che lo ha lasciato con la paura di amare, di lasciare a qualcuno il potere di farti male, diventando in mano altrui come le nuvole “piccole forme delicate e semplici da distruggere“. Marocco vive portando nel cuore il suo bagaglio di domande senza risposta, fa esperienze, sogna.

In questo libro c’è una protagonista che non compare mai, c’è un amore disperato che totalizza, c’è una luce fioca che fa strizzare gli occhi e un dolore che attraversa le pagine e si sente, denso, e avvolge tutto. Il dolore che avvelena, il più triste, ingiusto e inaccettabile, quello che un figlio non può concepire.

“Piansi. Con le lacrime, ma senza fare rumore. Perché non c’era una parola o un mio gesto che l’avrebbe convinta a volermi bene […] Perché dovevo vivere, ma senza di lei, e mi sentii povero, impotente e schiacciato”.

Questo libro fa male, fa rabbia e tenerezza insieme, c’è un’adolescenza inquieta descritta senza giudizi, raccontata come si racconta qualcosa da cui si è appena usciti e che si guarda da fuori ma ancora con gli occhi girati. I ragazzi del giro di Marocco sono ragazzi solo in apparenza “cattivi”, giocano a fare i grandi, magari compiendo azioni scapestrate, sul filo della legalità e a volte anche oltre, hanno sogni disperati che sanno che rimarranno irrealizzati, hanno un dolore dentro, non sanno come curarlo. Lo desiderano, ma non sanno farlo. Sono giovanissimi e già disperati.

Al buio, con gli occhi aperti, non mi concentrai davvero sul provino, ma sull’eventualità di diventare un calciatore famoso. Perché se lo fossi diventato mia madre avrebbe potuto ricevere mie notizie, guardarmi, e magari, nel vedermi, nel pensarmi, le sarebbe tornata la voglia di stare con me, come per quei pensieri che dimentichi di avere, ma che poi te ne ricordi e non puoi più ignorarli

Giovanissimi” di Alessio Forgione, NN Editore. Fertilemente

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