Sussurri tra le pagine

“Shmutz” di Felicia Berliner: recensione libro

«Ne ho guardati troppi…» risponde Raizl, ma la dottoressa non reagisce. «Al computer…» aggiunge arrossendo. Le parole sprigionano una vampa di calore alle tempie e alle orecchie. «Un attimo, si riferisce alla pornografia?». Raizl fa un cenno impercettibile col capo: un sì appena abbozzato. Pornografia, è quello che guarda lei. Shmutz.” 
Presentazione di “Shmutz” alla fiera “Ricomincio dai libri”

“Shmutz” è il provocatorio e trasgressivo esordio letterario di Felicia Berliner, della quale, si hanno solo notizie biografiche essenziali e che spesso ha preferito apparire in pubblico nascondendo il proprio viso dietro una maschera. Come in tutti i romanzi pubblicati dall’editore Mar dei Sargassi, il tema principale è la marginalità, i confini tracciati, oltre i quali, insistono nuove verità da rispettare. L’esplorazione di questa realtà ignota, posta appena oltre il muro dell’ordinario, avverrà attraverso la diciannovenne Raizl, cresciuta in una famiglia ebrea chassidica ultraortodossa, che entra in contatto con il mondo della pornografia: un universo che “diventa enciclopedia dei rapporti umani” come si legge dalla quarta di copertina. 

Ma cosa significa “Shmutz”? 

Shmutz è parte di un vocabolario ricostruito dalla stessa protagonista per spiegare ciò che non conosce e di cui, nella sua lingua madre, non ha trovato il suono. Un idioma che sembra cancellare gli estremi, relegando al silenzio il peccato ed il santo Creatore, i cui nomi non vanno mai pronunciati. “Felicia Berliner” spiega la traduttrice Marina Finaldi, durante la presentazione del libro, “attribuisce una grande importanza al linguaggio ed alle parole che vengono utilizzate per parlare della pornografia”, termini che costringono la giovane a “creare una sua nuova via di comunicazione” approdando ad una realtà differente: un mondo plasmato attraverso sostantivi mai sentiti e proibiti. In breve tempo, però, le lingue di tutti le voci di Raizl, finiranno per scontrarsi e, accavallandosi, fonderanno sacro e profano nello stesso periodo, richiamando un libero arbitrio, che sa ormai solo di peccato. “I video impressi nella sua mente non si possono dimenticare o mettere sottochiave. Non verranno gli angeli a cancellare quello che sa, come l’angelo che impartisce il Talmud ai nascituri nel grembo materno.” 

(2019, Alexander Krivitskiy, Unsplash License)

Le immagini che affollano le pagine scuotono, le tematiche trattate sono attuali e complesse, il testo resta scorrevole e meticoloso, a volte leggermente ridondante, ma sempre interessante. La pornografia diventa presto, per Raizl, la porta di accesso per un mondo che non aveva mai conosciuto, per una libertà ed una consapevolezza che non sapeva le spettassero. Contrapposta tra desiderio e credo, la ragazza, proverà, ad un certo punto, la necessità addirittura fisica di proteggersi da una condotta peccaminosa alla quale non riuscirà a sottrarsi, così gli abiti abbondanti, diventeranno scudo e simbolo di desideri incompatibili, mentre nel buio della notte, il piacere le esploderà silenzioso tra le cosce. “Un muto fremente che è quasi una preghiera”. 

Ma attenzione perché “Shmutz” non è un libro sulla pornografia, piuttosto sul desiderio di una donna di scoprire l’ignoto, nascondendolo dietro uno schermo, in fondo a uno zaino. È un romanzo sulla libertà di credo e di peccato, sulle scelte discutibili ed i giudizi inflessibili, sulle fughe e le dipendenze, sui pregiudizi e l’alienazione, sulle norme che ogni società impone e sulle diversità che ognuno traveste. “…comprende la magia di Purim, quando tutto è sottosopra e al contrario e i bambini si travestono e, così, nel pieno spirito della festa di fingere di essere ciò che non si è, Yossi si è trasformato, per un momento, in chi è davvero.”  

East Jerusalem (2010, Christopher Michel, CC BY-NC-SA 2.0, Wikimedia Commons)

Ho trovato geniale l’uso di un tema tanto provocante e controverso come strumento per ordire un vero e proprio romanzo di formazione. Qui si misureranno due realtà opposte, ma in qualche modo sempre legate alla sessualità femminile, che oscilla perenne tra voluttà e sacrilegio. Un libro che descrive il passaggio da un mondo fortemente regolato, ad uno convenzionalmente proibito, ed un argomento considerato generalmente “sporco”, se non addirittura perverso, diventa, così, il ponte tra due universi: il varco che attraversa il confine. “Qualcun’altra l’ha fatto, quindi si sa come va a finire. Una valigia che scompare. Una madre che versa lacrime solo una volta e poi mai più. Un nome che smette di essere pronunciato. Un nome che si estingue come la candela nel succo d’uva la sera di Shabbes: un breve shhhh e anche lei avrebbe fine.” 

L’onestà intellettuale ed il valore del romanzo, si misurano nella totale assenza di giudizio per l’una o per l’altra realtà che andrà a descrivere. Se la prima rappresenterà, infatti, per la giovane donna, la rigidità e le regole del solo luogo che saprà chiamare casa, l’altro vestirà gli abiti di una curiosa ed ingannevole libertà d’agire. In entrambi, Raizl, da sempre refrattaria alle consuetudini, troverà la sua definizione nella diversità. “I suoi nuovi amici prendono il suo cibo come un gesto gentile e non le fanno domande quando le capita di addormentarsi con la testa sul tavolo. Si truccano di nero nei bagni appena arrivati a scuola e si struccano prima di tornare a casa: capiscono bene la stanchezza che deriva dall’essere emarginati.” 

La protagonista, quindi, imparerà a distinguere molto bene quel margine netto che dividerà a lungo la sua esistenza, ma se sceglierà di superarlo o meno, in fin dei conti, non avrà alcuna importanza. La vera vittoria di Raizl, e quella di Felicia Berliner, sarà il rispetto per una linea di confine e per tutte le infinite realtà che essa potrebbe circoscrivere. Un messaggio di convivenza e tolleranza, che avvizzisce, oggi, di fronte ad una società che alza muri e distrugge vite, che abbandona e affama, che relega oltre una barriera tutto ciò che non ha voglia di capire. 

 

«Ti prego, Hashem, dimmi come essere.»

E la risposta, da Hashem o da dentro di lei: la preghiera dei maschi, personalizzata per calzarle alla perfezione, omettendo la negazione. 

«Che Tu sia benedetto Hashem, che mi facesti donna.»

“Shmutz” di Felicia Berliner, edizione Mar dei Sargassi.

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Angela Finelli

Classe 1987. Nata a Napoli, tra i vicoli e l'odore del ragù lasciato a "pappuliare" a fuoco lento già dall'alba. Amante dei libri da sempre, della buona cucina e delle mete insolite. Dipendente dal caffè, dalle risate spontanee e da quella punta di follia che rende la vita imprevedibile. Fiera sostenitrice del potere delle parole e dei sussurri nascosti tra le righe, quelli che lasciano un'impronta nella memoria e i brividi sulla pelle.

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