Dream Book

“Resta quel che resta” di Katia Tenti: recensione libro

L’acredine genera ruggine. Crea quella crosta che corrode i sentimenti. Fiacca l’anima anche se ti butti in avanti per non essere imprigionato da fatti ammuffiti. Alcuni vecchi episodi avanzano per rivendicare la verità che l’acredine ha oscurato. Il fuoco dell’invidia, della rabbia, non si spegne se i carboni vengono attizzati continuamene. Il pensiero rimane fisso su quello che è rimasto a metà, incompiuto.

E quando ci metti una pietra sopra e pensi che l’ordine delle cose stia nel disordine creato ad arte per sfuggire alla malasorte, arriva la sorpresa che accogli con il timore negli occhi. Tempo al tempo e ciò che è stato sommerso torna a galla. Basta il fiato di qualcuno o la svista di un altro per rendere vive storie sotterrate con meticolosità. Inutili risultano gli sforzi per cambiare la verità dei fatti quando la veridicità, soffocata a dovere, scalpita per essere chiara agli occhi di tutti. L’acredine, in quei momenti, avvampa di più e si spegne di sconfitta. Per forza. Molti non ricorderanno, altri faranno finta di dimenticare, taluni volutamente finiranno nelle maglie dell’una e dell’altra circostanza, ma le storie prenderanno a fiatare ancora una volta. Chi ha agito bene, secondo coscienza, non patirà nulla. Coloro, invece, che hanno finito per essere bestie non avranno che da confessare a se stessi quanto siano stati scellerati ad alimentare l’acredine che ha corroso anche le idee più zuccherate.

In Resta quel che resta di Katia Tenti senti addosso sessant’anni di storia di alcune famiglie che hanno vissuto nella terra di confine. È il 1925, il Sϋdtirol accoglie gente che viene da altre regioni, i forestieri fascisti che scappano da un destino infame. Sulla linea di confine campeggiano l’odio e gli scontri: i tedeschi da una parte e gli italiani dall’altra. Il Sϋdtirol è una terra da difendere, a tutti i costi, è un luogo dell’anima e quello del riscatto. L’oppressione e la miseria sono bocche spalancate per divorare ogni cosa finanche la pazzia. Eppure, la follia, quella vera, resta muta e coglie il bene dal male, annusa i cambiamenti e rimane fedele alla bellezza dei sentimenti.

Il romanzo è meraviglioso. La narrazione è autentica, procede senza sbavature. Il lettore avverte e vede tutto. Sente anche le lettere strascicate di chi fa fatica a parlare, ne coglie i discorsi muti e si fa piccolo dinanzi a quelli brutali. La prosa è fuoco, vento, paglia e nuvole. Lo stile di scrittura porta aria fresca, è pulito quasi a mormorare segreti di famiglie che si intrecciano con una potenza di acredine.       

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“Resta quel che resta” di Katia Tenti, edizioni Piemme. Dream Book.

Lucia Accoto

Lucia Accoto. Critico letterario Rai Cultura per Mille e un libro Scrittori in Tv di Gigi Marzullo su Rai1. Giornalista pubblicista, recensore professionista. Lettura, scrittura e stile, fonti di vita e di ispirazione

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