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Moving Books – Marianna Ucrìa

Ricordo ancora quando vidi per la prima volta in TV il promo di Marianna Ucrìa (1997) di Roberto Faenza. Ero adolescente e adoravo i film in costume, quindi attesi spasmodicamente per giorni di poterlo vedere. Ancora non sapevo che il film era stato tratto da un libro che avrei amato follemente.

Innamorarsi del personaggio di Marianna nel film è facile. È una donna in un mondo di uomini, che nonostante il vento dei Lumi francesi resta ancorato a tradizioni così polverose e anacronistiche da sfociare nell’immoralità: ed ecco che questa ragazzina nobile di 13 anni viene data in sposa allo zio, il fratello della madre molto più vecchio di lei. La vediamo diventare adulta al ritmo delle sue continue gravidanze, una sposa bambina costretta a produrre bambini a sua volta. Ma cos’altro avrebbe mai potuto volere? Marianna è sorda e muta, quindi deve considerare un privilegio anche solo l’essere stata presa in considerazione come moglie.

Roberto Faenza, Marianna Ucrìa, 1997
(Credits: Marianna Ucrìa © Cecchi Gori Group e altri 1997)

È forse più complesso e quindi più struggente amare Marianna nel libro d’origine, La lunga vita di Marianna Ucrìa di Dacia Maraini. L’autrice ci fa entrare nei processi interiori di questa donna che riesce a trasformare il proprio silenzio in un’arma potente: solo lei, priva di parola, può permettersi di pensare, di leggere opere di filosofia (sacrilegio!) e di dubitare dell’esistenza di Dio. Ed è proprio quel silenzio affollato di pensieri rumorosi che noi riusciamo a condividere, grazie al dono che la Maraini fa alla sua Marianna: la capacità di leggere i pensieri di alcune persone, soltanto quelle più legate ai bisogni materiali della vita, le cui menti sembrano aprirsi come libri davanti alla sua spiccatissima intelligenza. «Una volta afferrato il bandolo di un pensiero Marianna non riesce più ad abbandonarlo, se lo rigira tra le dita tirandolo e annodandolo ai suoi stessi intendimenti». Una specie di telepatia che è piuttosto una forma di immaginazione empatica, tanto forte da permettere a Marianna di giungere alla verità che ha segnato il suo corpo e la sua vita.

Roberto Faenza, Marianna Ucrìa, 1997
(Credits: Marianna Ucrìa © Cecchi Gori Group e altri 1997)

Il Settecento siciliano immaginato da Faenza e dal geniale Danilo Donati (creatore di scenografie e costumi di tanti capolavori fra cui Il Casanova di Federico Fellini) è cromaticamente violento: c’è tanto rosso nella vita e negli occhi di Marianna, in aperto contrasto con il bianco candido e l’azzurro, quasi una “tavolozza” d’ispirazione spagnola che fa venire in mente i ritratti della Duchessa d’Alba firmati da Francisco Goya. La trasposizione dal romanzo creata con Sandro Petraglia è un’opera di traduzione molto studiata, che vede anche la sostituzione dei dialoghi scritti (letteralmente) con conversazioni nel linguaggio dei segni. Il cast non è certamente stato scelto per la vicinanza fisica con le descrizioni letterarie dei personaggi, ma per consonanza di intenti: l’attrice che interpreta Marianna adulta è la francese Emmanuelle Laborit, sorda dalla nascita. È un film “infedele” in certi avvenimenti ma fedelissimo per spirito, come dovrebbe essere.

Dove nel film, coerentemente con la sua natura, si dà spazio a tutte le sfumature del visibile, nel libro la parola scritta ha invece il potere di svegliare tutti i sensi. Leggere La lunga vita di Marianna Ucrìa significa entrare nella mente e nel corpo di una donna che ha trovato la propria via per esprimersi e per esperire, in mancanza di udito e parola. Tutti gli altri suoi sensi sono più acuti e quindi anche i nostri. Ogni sapore, ogni profumo, ogni tocco: è tutto così intenso e sovraccarico che quasi stordisce. Sembra quasi di sentirli sulle dita, il rosmarino, la seta e la cipria. Tutti gli oggetti e tutti i corpi hanno un odore e una matericità. L’anima e la carne di Marianna sono una cosa sola, perché è attraverso l’esperienza della sua carne che la sua anima cresce. Non è così per tutti noi, del resto?

Roberto Faenza, Marianna Ucrìa, 1997
(Credits: Marianna Ucrìa © Cecchi Gori Group e altri 1997)

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Chiara Tartagni

Copywriter, studiosa di storia dell’arte, insegnante, nerd, ma soprattutto una persona molto curiosa. Ama tutto ciò che riguarda le immagini, in movimento e non. Ha scritto un libro per Jimenez Edizioni, "Le relazioni preziose": un piccolo viaggio sentimentale fra il Settecento e il cinema contemporaneo.

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