Un libro tra le mani

“La casa degli sguardi” di Daniele Mencarelli, recensione: Un libro tra le mani

“La casa degli sguardi” di Daniele Mencarelli è un libro ad altissimo impatto emotivo. Un libro che fa male… e che fa bene, duro e fragile, doloroso ma, allo stesso tempo, lenitivo per l’anima. Un libro da maneggiare con cura, perché fragile come i sentimenti di chi lo ha scritto. Prezioso, per l’autenticità e il coraggio di mettersi a nudo, senza il timore di essere giudicato. Un libro che scortica lentamente, con dolcezza… e che rimane.

Toc toc…
che un mattino hai bussato per entrare

Ho lasciato pochi giorni fa Daniele Mencarelli (con il suo “Tutto chiede salvezza“) che usciva dall’ospedale, dopo una settimana di Trattamento Sanitario Obbligatorio, con tutto il pesante bagaglio di emozioni che la permanenza in quel reparto psichiatrico gli aveva procurato.
Sofferenza e amore, disperazione e fratellanza.

Toc toc…
dentro per sempre sei rimasto

La casa degli sguardi
La casa degli sguardi

Lo ritrovo in questo libro, cinque anni dopo, mentre prova a combattere il buio del suo mal di vivere cercando rifugio nell’alcol, nella dimenticanza, cercando di annullare la sua percezione del mondo, sempre troppo amplificata e pronta a schiacciarlo sotto il peso delle sue stesse emozioni.
Malattia? Depressione?… “si parli, semmai, di fragilità, di esseri nati con la pelle più sottile, un bassissimo numero di anticorpi a ogni bene e male del mondo, dal dolore alla tenerezza, malinconia e amore compresi.
Persone che le inchiodi con poco, basta un fiore per bucargli la pelle”.

Daniele che non sa difendersi dal dolore, neanche quello degli altri.
Daniele che si porta addosso quintali di parole che vagano nella sua mente.
Daniele e le sue poesie che non curano, semmai aprono ferite, dissuturano, scoperchiano.

Toc toc…
continua a farmi casa del tuo sguardo

Ma poi qualcosa (e qualcuno) bussano alla sua vita.
Un’opportunità, un luogo, un lavoro di fatica, un viaggio attraverso l’insensatezza del male, attraverso la conoscenza del dolore piu puro, che lo costringe a strappare il velo nero dietro il quale si cela l’orrore, e ad accettarlo per quello che è: inaccettabile.

“Se ci sei tu, Dio, dietro tutto, quello che fai compiere qua dentro non è giusto.
Tu, non noi, dovresti chiedere perdono.”

L’ospedale pediatrico Bambino Gesù sarà, per lui, il posto da cui rinascere.
Una “trincea aperta da un bisturi“, dove incontrerà gli sguardi spenti dei genitori disperati, quelli dei bambini malati che hanno ancora voglia di un sorriso, e quelli chiusi di chi non ce l’ha fatta, quelli dei suoi compagni di lavoro che, tra uno “sgrosso”, una risata e la monospazzola, lo faranno sentire di nuovo parte di un tutto.
Al caldo. Non più solo.

Toc toc…
usami per restare vivo nel ricordo.

La casa degli sguardi
La casa degli sguardi

Daniele riesce a salvarsi grazie alle piccole, e troppo veloci, vite che i suoi occhi hanno incrociato nei corridoi dell’ospedale, grazie a quei denti bianchi visti dietro i vetri delle finestre mentre cercavano di comunicare con lui, proprio con lui.

“Io non sapevo che i bambini morissero, sì muoiono, ma non così, come quello scandalo di bellezza e infanzia sfinita ai miei piedi.”

E cosa può fare lui per loro?
Lui che possiede solo le parole, non può che usare quelle… per tutti i bambini che non dovrebbero mai trovarsi lì, per tutti i Toctoc, ovvero tutti gli Alfredo che battono le nocche contro il vetro per chiamare qualcuno con cui giocare, anche solo per pochi minuti.
Per tutti loro Daniele scrive, e scrivendo rinasce.

“Loro dentro l’ospedale, un mucchio di bambini sudati, ansimanti per il gioco sfrenato, belli di tutta la bellezza, di tutte le terre del mondo.
Io fuori, bucato dai loro sguardi, ognuno inchiodato nella memoria.
Voglio ricordare tutto.”

“La casa degli sguardi” di Daniele Mencarelli, Libri Mondadori. Un libro tra le mani.

Antonella Russi

Nata a Taranto, classe '76. Lettrice per passione, da sempre.

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