“Due vite” di Emanuele Trevi, recensione: Un libro tra le mani.
“Due vite, anzi… tre vite, tre amici, tre scrittori.
Due andati via troppo presto.
Uno, quello che rimane, cerca di regalare agli altri due una seconda vita, attraverso le sue parole.
“Perché noi viviamo due vite, entrambe destinate a finire: la prima è la vita fisica, fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene.
E quando anche l’ultima persona che ci ha conosciuto da vicino muore, ebbene, allora davvero noi ci dissolviamo, evaporiamo, e inizia la grande e interminabile festa del Nulla, dove gli aculei della mancanza non possono più pungere nessuno.”
Emanuele Trevi, Rocco Carbone e Pia Pera sono stati amici a lungo, quel tipo di amicizia che possiamo definire intima, quella che permette di conoscersi a fondo, scoprendo reciprocamente i lati più bui dell’altro.
Due di loro muoiono prematuramente, Rocco Carbone, a 46 anni, in un incidente stradale, Pia Pera, a 60 anni, per una malattia che se l’è portata via lentamente, muscolo dopo muscolo… la SLA.
Trevi rende omaggio ai suoi amici e alla loro opera letteraria attraverso questo scritto, cercando di farceli conoscere attraverso i suoi ricordi, le serate passate insieme a parlare, gli allontanamenti e le riappacificazioni, gli entusiasmi, le sfuriate, i consigli, i cambiamenti.
Gli spigoli di Rocco, l’incanto di Pia
Conosciamo un Rocco Carbone dal carattere difficile, spigoloso, ripiegato su se stesso e sostanzialmente infelice.
Un uomo che si è sempre sentito in credito con la vita, e quindi affamato di attenzioni e considerazione.
Difficile stargli accanto.
Pia Pera, invece, è ritratta come una donna incantevole, sensibile, solare, anticonformista e a suo modo indomabile, che, da un certo punto in poi, scopre la sua passione per il giardinaggio (inteso proprio come filosofia di vita) e la porta avanti fino alla fine, curando il suo giardino fino all’ultimo giorno.
“Tutto ciò che è incantevole produce una specie di perpetuo scintillio, e le persone incantevoli spesso si consumano e infine si dissolvono nel loro sciame vorticante di minuscole luci.”
La scrittura è impeccabile, non gli si può dire nulla.
Eppure… qualcosa con me non ha funzionato.
Ho percepito la sua delicatezza quasi come una distanza, una freddezza che non mi ha permesso di entrare nelle loro vite, di emozionarmi.
Lui stesso scrive che “L’unica cosa importante in questo tipo di ritratti scritti è cercare la distanza giusta”, ecco, per me, lui è rimasto qualche passo troppo in là, troppo lontano affinché mi arrivasse al cuore.
Avrei voluto un maggiore impatto emotivo nel trattare argomenti così forti come il male di vivere, la malattia degenerativa, la morte, avrei voluto uno scavo psicologico tale che mi permettesse di sentire la sua perdita come se fosse anche un po’ la mia, invece loro sono rimasti lì, sulla carta, lontani.
Ma sicuramente è stato un limite mio.
È un buon libro, che però in me non ha vibrato. Capita.
(Di sicuro devo ringraziare Trevi per avermi fatto venire voglia di cercare i libri di Pia Pera, in particolare “La bellezza dell’asino” e “Al giardino ancora non l’ho detto“, che leggerò al più presto.)
“Due vite” di Emanuele Trevi, Neri Pozza editore. Un libro tra le mani.