“Afferra il coniglio” di Lana Bastašić, recensione: Un libro tra le mani.
Afferra il coniglio, afferra il coniglio… ma sulla copertina c’è una lepre.
Cosa vorrà significare? mi sono chiesta prima di iniziare.
Adesso che ho finito il libro, adesso che ho trascorso più di 24h smarrita, perduta tra le righe delle ultime due pagine (spiazzanti), arrovellandomi, cercando di capire, interpretare, chiedendo aiuto, cercando pareri, recensioni, interviste all’autrice, qualunque cosa mi aiutasse a trovare la giusta chiave di lettura…ecco, adesso forse, e dico forse, ho capito.
Ho capito che questo bellissimo romanzo è volutamente sfuggente, imprendibile, come imprendibile è una lepre che corre, come inafferrabile è un paese come la Bosnia, con le sue ferite, le sue cicatrici mai veramente sanate, la sua oscurità che ti entra dentro, anche nei polmoni.
Non si può afferrare il passato, solo ricordarlo.
Non si può afferrare la speranza, solo inseguirla.
Anche a costo di impazzire.
“Home non è la Bosnia. La Bosnia è un’altra cosa. Un’ancora arrugginita in un mare di piscio. Ti pungi costantemente col tetano, anche se sono trascorsi tanti anni.”
Questo romanzo è un viaggio.
Un viaggio da Dublino a Vienna, passando per la Bosnia, ma anche un viaggio nella memoria di due donne, due amiche che devono fare i conti con quello che hanno vissuto, con quello che quella terra ferita da una guerra incomprensibile, ha loro dato e tolto.
È un viaggio alla ricerca del sé.
Non è bastato a Sara, serba pura, andare a vivere a Dublino, cambiare Paese, lingua, cibo, clima e abitudini, per dimenticare chi è e da dove viene, perché alla fine “siamo sempre in Bosnia”.
Non è bastato a Lejla rinunciare alla sua “j” per cambiare il suo destino di bosniaca mussulmana in un paese serbo.
Non è bastato stare lontane per tanto tempo, il loro rapporto esigeva un epilogo diverso da un lungo silenzio durato 12 anni.
La loro è un’amicizia complessa, tanto profonda quanto squilibrata.
La loro diversa etnia condizionerà, inconsapevolmente, tutta la loro vita.
Lejla è sfrontata, arrogante, sempre sopra le righe e mai indecisa, spavalda e superiore.
Ha il tipico atteggiamento di chi si sente in credito con la vita.
Sara invece sembra arrancare, sempre un passo indietro, cerca in tutti i modi di raggiungerla (anche anagraficamente), dipendente da lei, da questa amicizia, innamorata (platonicamente) del di lei fratello, Armin.
Armin che è centro di tutto, che è il motore (e il motivo) di questo viaggio.
Un po’ “on the road” e un po’ romanzo di formazione, la Bastašić sa alternare sapientemente i due momenti, senza sbavature e con una scrittura potente, diretta, densa e moderna.
Un esordio grandioso, che spiazza e affascina.
Lejla accusava Sara di voler sempre trovare il “punto” della questione, come se fosse una cosa negativa, ecco la Bastašić il punto, proprio l’ultimo punto di questa storia, non lo mette affatto.
Ci lascia padroni di scegliere.
Ci lascia appesi ad una frase incompiuta, appesi alla speranza.
Speranza che io voglio leggere nella minuscola finestrella disegnata nella pupilla del “Leprotto” di Dürer (ecco spiegata la copertina), finestra come ferita, ma anche come passaggio attraverso il quale fare pace con il passato e fuggire dalla realtà.
Un po’ come Alice.
“Afferra il coniglio” di Lana Bastašić, Nutrimenti edizioni . Un libro tra le mani.