A cosa servono gli amori infelici è un libro di bilanci, una riflessione su ciò che si è stati, sul percorso accidentato di una vita, forse mai vissuta fino in fondo.
È quel momento esatto in cui la consapevolezza di non avere più un tempo infinito, ci porta a chiederci: “Ho trascurato davvero la parte migliore della vita?”
Un uomo, non più giovanissimo, alle soglie del 2000 e alla vigilia di un intervento chirurgico importante, scrive tre lettere. Ad un collega e amico, al quale racconta il disagio di aver svolto un lavoro mai amato, passato a scrivere discorsi per gli altri. Ad un prete, figura importante della sua adolescenza e che ha segnato profondamente il suo passaggio all’età adulta, inducendolo a fuggire da lui e da tutto ciò in cui aveva sempre creduto. Ed infine, ad un destinatario senza nome e identità, una sorta di amico immaginario, dio o alter ego, con cui si è confidato per tutta la vita e al cui cospetto si è sempre sentito giudicato. Il nostro protagonista è uno di loro: amato e desiderato senza poter ricambiare, ma lusingato di calcare il palcoscenico del desiderio altrui.
Si sa tutto sugli innamorati infelici, niente o pochissimo sui destinatari di amori impossibili da ricambiare. Sugli amati infelici.
Sentirsi vivo attraverso gli occhi e la passione di un altro.
Ma una volta sceso da quel palco, rimane solo il rimpianto di un qualcosa che non si è voluto e che si è perso per sempre.
Alla fine l’innamorato guarisce, ma sa di aver perduto qualcosa. Un po’ del suo slancio e della sua generosità. Anche chi è stato amato ha perduto tesori a sua disposizione di cui forse non ha mai saputo nulla, destinati a scomparire appena l’altro è disintossicato. Quella volta, ci siamo impoveriti entrambi, amico mio.
Questo racconto/confessione lascia in bocca il sapore amaro della solitudine, il sapore di chi ha sempre represso la propria parte “viva e vibrante” in nome di una compostezza borghese dovuta ad un’educazione post-guerra che bandiva la passione e anelava solo alla sicurezza e alla tranquillità. Nessuna disinvoltura con i sentimenti, con il sesso e la libertà di esprimere se stessi, solo solide mura di certezze in cui nascondersi, relegando tutto il resto nei sottoscala della mente e del corpo.
“A cosa servono gli amori infelici” ci regala una scrittura densa, profonda, raffinata, intrisa di una malinconia di fondo difficile da mandar via. La storia di “un generico della vita” raccontata con lucidità, lirismo e pacata rassegnazione.
L’arte di vivere è imparare ad attraversare la foresta degli addii.
“A cosa servono gli amorì infelici” di Gilberto Severini Playground Libri . Un libro tra le mani.