Lizzie, Shirley Jackson. Viaggio nell’abisso della malattia mentale
Un romanzo da brividi scritto con sapiente maestria narrativa

Pubblicato negli Stati Uniti nel 1954, ma diffuso in Italia solo nel 2014, Lizzie di Shirley Jackson riesce a trasmettere intatto un profondo senso d’inquietudine che serpeggia sin dalle prime pagine, per poi esplodere in una manifesta angoscia.
Lizzie, la protagonista, è un’anonima ragazza americana senza particolari tratti distintivi e conduce una vita piuttosto monotona. Lavora come dattilografa in un museo e vive con la zia, avendo perso la madre quando era piccola. A un certo punto inizia a soffrire d’insonnia e di inspiegabili mal di schiena. Contestualmente inizia a ricevere minacciose lettere anonime. La zia si accorge che la ragazza esce spesso di notte, tuttavia Lizzie non sembra ricordare nulla di questi insoliti comportamenti.
La preoccupazione della zia cresce quando, in occasione di una serata tra amici, Lizzie inizia a manifestare un linguaggio scurrile e volgare che non aveva mai usato prima. La zia, pertanto, decide di condurla da un medico, il dottor Wright, il quale, dopo averla visitata, si accorge che la ragazza è affetta da un disturbo dissociativo della personalità. Ma proprio quando il dottore sembra essere riuscito a ottenere la fiducia di Lizzie, e quando la terapia basata sull’ipnosi sembra funzionare, succede qualcosa di inaspettato che spariglia le carte in tavola, delineando un nuovo e terribile scenario.
Capacità narrativa da applausi
La scrittrice è geniale nel dar voce alle diverse personalità della protagonista, confondendo il lettore in un intricato gioco di specchi, nel quale nulla è come sembra e la realtà sfugge a qualsiasi classificazione. In uno dei capitoli più brillanti, quando Lizzie, in preda a una delle sue personalità, scappa a New York, il lettore entra addirittura nella mente della ragazza, nelle sue molteplici identità, lasciandosi travolgere da un movimento di disfacimento del reale che attrae e respinge al tempo stesso.
Sontuoso romanzo sulla malattia mentale e la disgregazione dell’io

A tratti gotico, a talvolta persino divertente, Lizzie è un romanzo avvincente e complesso, declinato attraverso differenti voci narranti, che si addentra nei meandri della malattia mentale, negli abissi del trauma e nell’oltraggio dell’Io.
Un’opera sontuosa dove non ci sono vincitori né vinti e dove, forse, sono tutti colpevoli e tutti innocenti. Imperdibile.
IL VINO
Il vino da abbinare a questa lettura è un Cerasuolo d’Abruzzo, vino rosato fresco e vivace che si accompagna a una gran varietà di piatti grazie alla sua eclettica personalità.
LE CITAZIONI

“Era obnubilata dalla memoria, il bisogno di trovare razionalità e coerenza in un tempo che ne era privo la disorientava; era perduta in un mondo che si rifletteva all’infinito, e lì solo la zia Morgen e il dottor Wright riuscivano a seguirla mentre lei inseguiva loro”.
“Pensavo a come ci si debba sentire a essere un prigioniero che va a morire; guardi il sole e il cielo e l’erba e gli alberi, e siccome è l’ultima vola che li vedi, sono meravigliosi, pieni di colori che non avevi mai notato e intensi e belli ed è terribilmente difficile lasciarli. E poi mettiamo che l’esecuzione sia sospesa, e ti svegli il mattino dopo e non sei morto; riuscirai a guardare il sole e gli alberi e il cielo e pensare che sono il solito vecchio sole, il solito vecchio cielo, i soliti vecchi alberi? Che non hanno niente di speciale, che sono le stesse vecchie cose che hai visto tutti i giorni, solo perché non sei più costretto a rinunciarvi?”
Lizzie, Shirley Jackson, Adelphi, a cura di Sopra le righe.