"Il treno dei bambini", di Viola Ardone. Una storia di separazione, riscatto e assoluzione
Con "Il treno dei bambini" Viola Ardone si conferma grande voce della narrativa italiana
Emozione pura questo libro che descrive una pagina spesso dimenticata della nostra storia recente, fatta di miseria e di solidarietà, di dolore e di riscatto.
Il treno dei bambini era quello che conduceva i minori delle famiglie povere del Sud presso famiglie agiate dell’Emilia-Romagna che li accoglievano per un periodo di tempo, dando loro quello che non avevano in casa: cibo, abiti, scarpe e, nel caso di Amerigo, il bambino di sette anni protagonista del romanzo, una camera tutta per sé.
Il treno dei bambini di Viola Ardone: ad accompagnarci la voce narrante di Amerigo
La sua voce narrante ci porta per mano dalla durezza del suo mondo, fatto di lavori improvvisati, dicerie e povertà, a quello del “Settentrione”, che si manifesta ai suoi occhi con le carezze che non hai mai ricevuto dalla madre Antonietta e con una patina bianca che ammanta le strade e che “sembra ricotta”. Dilaniato tra la volontà di non dimenticare le sue radici e l’amore per la nuova famiglia, Amerigo si sentirà spezzato in due, desideroso di seguire il suo sogno di diventare musicista e, al tempo stesso, preoccupato di dispiacere alla madre che non ha mai conosciuto il lusso di sognare.
Una scelta difficile
Spetterà all’Amerigo adulto, cresciuto nel dolore della separazione, sanare questo dissidio, scoprendo il segreto delle sue origini e assolvendo il suo passato.
Con questo romanzo, Viola Ardone si conferma una delle voci più potenti della nostra narrativa, mostrando il raro dono di non limitarsi a descrivere il personaggio, ma di diventare il personaggio, calandosi perfettamente nel suo contesto e nel suo registro linguistico. E ogni volta ci stupisce con una prova magistrale, quando, non appena si apre il libro, il mondo intorno a noi scompare, per assumere le fattezze di quello narrato dall’autrice. E così su quel treno, simbolo di speranza e di riscatto, che si allontana dai saluti di chi sacrifica la propria felicità per quella dei propri figli, ci siamo anche noi.
Da “Il treno dei bambini”
“La mela la lasciai avvizzire sulla mia scrivania, nella casa di Derna. Non volevo mangiarla per tenere vivo il tuo ricordo, poi un giorno non la trovai più. E’ successo di nuovo: ho lasciato che il tempo passasse e adesso è tardi”.
Viola Ardone “diventa” i suoi personaggi
Una storia toccante, straordinaria, che non diventa mai banale e mai forzata, grazie a una penna felice che si fa stupore e meraviglia quando gli occhi di Amerigo diventano gli occhi di tutti.
“L’amore ha tante facce, non solo quella che pensate voi, – interviene Maddalena.
– Per esempio, stare qua sopra in mezzo a tante pesti scatenate non è amore? E le mamme vostre che vi hanno fatto salire sul treno per andare lontano, a Bologna, a Rimini, a Modena…non è amore pure questo?
– Perché? Chi ti manda via ti vuole bene?
– Ameri’, a volte ti ama di più chi ti lascia andare che chi ti trattiene”
Da “Il treno dei bambini”
Una lettura che resta e che ben si accompagna alle note persistenti di un buon Aglianico del Taburno, in omaggio alla regione di Amerigo e a quella nota morbida che il vino, e il protagonista, acquistano con l’età.
“Il treno dei bambini” di Viola Ardone, Edizioni Einaudi, Sopra le righe.