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“Narciso e Boccadoro” di Hermann Hesse: recensione libro

Ci voleva di stare bloccati a letto una settimana per recuperare un libro del genere. Non solo il tempo giusto ma anche il luogo giusto, e nel mio caso quel luogo è stato la casa natale, dove dopo due giorni di noia totale sono andato a saccheggiare dalla libreria dei cugini al piano di sopra. Così curiosando tra le file mi son detto ma io di Hesse non hai mai letto nulla anche se non lo diremo mai a nessuno che questa cosa è già abbastanza imbarazzante così.
Che poi, a riguardare la copertina, a rileggere il titolo, viene da pensare che dovevo stare proprio male per imbarcarmi in una lettura del genere.

E per fortuna

Narciso e Boccadoro

Narciso e Boccadoro – Copertina

I due protagonisti che danno il titolo al libro si incontrano per la prima volta al convento di Mariabronn (Germania). Narciso è un giovane e rispettato maestro, persino temuto dalle cariche superiori che gli riconoscono una mente brillante ma irrequieta. La sua via è nelle fede, e di questo non ne ha mai fatto dubbio. Ha un talento innato nel riconoscere l’animo delle persone, meglio di quanto riescano a fare le persone stesse. Questo per via della sua sensibilità, arricchita anche dalle sue conoscenze filosofiche.

Tutto quello che fa è per il bene, e se non fosse proprio per il bene, è comunque per amore della verità, che non può essere di certo male.
Boccadoro invece è un giovane scaricato nel convento dal padre, non per incuria ma perché vede per il mite e devoto figlio una vita religiosa, dotta e fedele. Ne è convinto lui stesso, e grande è lo sgomento e la rabbia quando il suo maestro e presto amico Narciso prende alla leggera le sue intenzioni.

La prima parte del romanzo è tutta nel monastero. Qui avvengono i dibattiti, qui si cerca di dare un significato e un nome alle cose. Ai rapporti tra i fedeli, a quello che dovrebbe esserci tra un maestro e uno studente. A quello che potrebbe sembrare, a quello che potrebbe persino diventare. Narciso non di rado ha paura dei propri sentimenti.
Fortunatamente Narciso è anche una persona schietta e non ha paura di dimostrare i suoi pensieri, e proprio questi attriti col suo allievo stabiliranno un rapporto tra superiore e subordinato in grado da solo di mantenere sane distanze. Pure nel momento in cui Narciso si infila nei pensieri di Boccadoro e gli ricorda la madre morta, quella madre di cui l’allievo sa solo per i pochi racconti (attendibili?) del padre. Pure nel momento in cui gli confessa che non vede per lui un futuro da monaco. Infatti, secondo Narciso, Boccadoro è destinato all’arte e alla soddisfazione dei sensi, e se sono davvero spontanei come dice i suoi sentimenti per Dio, allora farebbe meglio ad accettare la propria natura.

Forse, pensò, la radice d’ogni arte, e fors’anche d’ogni spirito, è la paura della morte. Noi la temiamo, abbiamo orrore della caducità vediamo con tristezza i fiori appassire e le foglie cadere e sentiamo nel nostro cuore la certezza che anche noi siamo caduche e presto avvizziremo. Se dunque come artisti creiamo figure o come pensatori cerchiamo leggi e formuliamo pensieri, lo facciamo per salvare qualche cosa che abbia una durata più lunga di noi stessi.

L’avventura

I giovani del monastero di tanto in tanto si dedicano a delle fughe notturne verso il paese. Piccole avventure di una notte in grado di spezzare una monotonia fatta di lavoro, studio e preghiere. In una scorribanda di queste Boccadoro scopre l’attenzione di una fanciulla, e scopre di provarne attrazione. Resta un caso isolato, qualcosa di ben lontano dall’essere reale, eppure nasce in lui un pensiero e una curiosità che lo turba.
Solo molto più avanti, ormai provato dalla ritrosia di Narciso, quella sua ostinazione a negargli la natura si sente, gli capiterà un’occasione simile. Ed è così che scopre il desiderio e la carnalità. E adesso sì che ne viene come fulminato, e adesso sì che pensa che forse Narciso non è affatto un incosciente. Adesso capisce che deve lasciare il monastero per andare a cercarsi nel mondo.
Narciso, ancora una volta, lo mette bene in guardia: se è per una donna che è convinto di partire, allora il rischio che parta invano è concreto.
Così è stato per il buon Boccadoro, che inizia a viaggiare di villaggio in villaggio, mirando prima ancora che al piacere alla pura sopravvivenza. Continua a evolvere come può, la crescita spirituale e la conoscenza del mondo rimane comunque il suo obiettivo. Impara dalla vita, impara dalla donne perché ognuna ha qualcosa da insegnare, e orrore, impara a convivere con i suoi peccati. Questo fino all’arrivo della sua seconda fulminazione, l’arte.

“Ti sembra bella?” domandò amichevolmente.
“Ineffabilmente bella”, rispose Boccadoro.
“Molti lo dicono”, disse il sacerdote. “Altri invece sostengono che non è una vera Madre di Dio, che è troppo moderna e mondana e che tutto è esagerato e non è vero […]

E in questo momento che Boccadoro, perso nei tratti di quella Madonna così leggiadra, così spirituale che non si capisce quanto sia beata e quanto sofferente viene a conoscenza del Maestro Nicola, ne diverrà suo allievo, e diventerà con fatica egli stesso un artista. Ecco compiuta la sua disperata natura, alla ricerca della comprensione dell’amore materno e generatore, alla ricerca di sua madre, e di tutte le altre madri, alla ricerca dell’amore divino.

La comprensione

Narciso e Boccadoro è un eccezionale romanzo di formazione, la cui scrittura è tanto delicata quanto esatta da lasciare sbalorditi. Per riuscire ad apprezzarla dobbiamo comprendere che questo romanzo ha quasi cento anni sul groppone. È lento, è vero, il canovaccio è classico, l’avventura non è nemmeno così avventurosa, qualcuno potrebbe parlare di pipponi e pesantoni, ma se accetterete l’idea di regalargli qualche ora (me lo sono bevuto in due giorni) vi garantisco che non può lasciarvi indifferenti.
Ma al di là di questo Narciso e Boccadoro si interroga sulla mortalità e la natura dell’uomo. Accettato che l’uomo è una creazione di Dio, in che modo può adempiere al suo scopo. Forse cercando di elevarsi verso dio? O favorirebbe meglio il creatore abbracciando i sensi con i quali è stato creato? In altre parole, è con la comprensione del pensiero e delle leggi della natura che l’uomo si erge sopra la sua mortalità o soddisfacendo e vivendo in pieno i suoi sensi, accettando così l’incompiutezza, l’anima macchiata dal peccato, e usando questa consapevolezza per essere creatori a nostra volta. Hesse dice che si può arrivare alla verità da entrambe la strade, e in ogni caso nessuna delle due sarà completa. Pur nella comprensione resteranno disperati tanto i pensatori, quanto coloro che vivono nella mondanità dei sensi.

Non era forse felice? Non era giovane e sano, non era libero come l’uccello nell’aria? Non lo amavano le donne, non era bello sentire di poter dare loro come amante lo stesso piacere ch’egli provava? E perché allora non era felice del tutto? Perché nella sua giovane felicità, come nella virtù e nella saggezza di Narciso, doveva insinuarsi di quando in quando questa strana sofferenza, quest’ansia sommessa, questo rammarico per la transitorietà umana.

“Narciso e Boccadoro” di Hermann Hesse, Mondadori, 1995. Malditesto.

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