Malditesto

“L’invenzione del suono” di Chuck Palahniuk: recensione libro

Prima di cominciare con l’analisi de L’invenzione del suono di Chuck Palahniuk, lasciatemi spendere due righe su questo nuovo spazio ospitato gentilmente da The Book Advisor.

 

Il romanzo di Palahniuk tra urla e dolore

Il mio colpo di fulmine per Palahniuk è stato con Soffocare; credo che sia il libro perfetto, con i personaggi perfetti, i ritmi perfetti, e la quadratura – anzi la circolarità – perfetta. Un manuale di scrittura più del suo manuale di scrittura (Tieni presente che, 2021, edizioni Mondadori). Da lì ho recuperato i romanzi degli esordi e poi sono saltato all’ultimo uscito. Tra questo intervallo c’è stato solo il deludente Beautiful you, uno degli ultimi pubblicati, che a mio parere non è nemmeno veramente suo. 

Fortunatamente con L’Invenzione del suono la musica è cambiata, anzi, lo sono le urla. Siamo tornati al solito riconoscibilissimo Chuck: per la penna e le tematiche, per l’intreccio di cui riesce sempre a tenere il filo e per le sue scene sopra qualsiasi riga. Ci sono i soliti gruppi di autoaiuto (esiste un romanzo di Palahniuk senza?) e i suoi soliti personaggi ai margini della società, dei margini così spessi da diventare società a loro volta, composta da eletti e da reietti. Una società ordinata da altre regole ma dove le persone sono spinte dalle stesse cose. Quelle alla ricerca di qualcosa o di qualcuno, e quelle che scappano da qualcosa o qualcuno. Tutte quante alla fine, dovranno rassegnarsi a loro stesse, al loro destino.

Le conoscenza dello scrittore sembrano infinite, o infinite sono la ricerca e la dedizione che mette nei suoi romanzi. In passato ci ha parlato di chimica, di sociologia, stavolta ci parla di cinema. E sì, se ve lo siete chiesti, gli aneddoti sull’urlo di Wilhelm non sono invenzioni letterarie.

A caccia di urla

Mitzi Ives è la proprietaria della Ives Foley Arts, una società che produce e vende effetti sonori per il cinema. La sua specialità sono le urla. Rivoltanti e brutali. Roba da far accapponare la pelle, roba che non si trova da nessun’altra parte. Talmente fedeli da sembrare reali, talmente reali da sembrare sospette. Se solo Mitzi non si imbottisse di Ambien saprebbe per bene perché le sue mani odorano sempre di disinfettante. Poco male, il valore di quelle urla è inestimabile: sono riuscite a trasformarla da preda sessuale a prevaricatrice. Con quelle urla, è lei a incutere paura.

A caccia di dolori

Gates Foster è un cacciatore di pedofili. Lo è diventato nel momento che ha cominciato a cercare sua figlia, sparita da un giorno all’altro. Nessun cadavere, nessuna sepoltura. Solo la certezza di un rapimento e la ricerca senza sosta, da quasi vent’anni. È per superare questo trauma che Foster partecipa alla terapia di gruppo, insieme agli altri genitori a cui è toccata la sua stessa sorte. Ma lui preferisce seguire gli indizi, frammenti, urla, orchi che ricorda a memoria dopo aver visto e rivisto la loro faccia andare in loop in filmati rivoltanti.

Ad Hollywood nessuno vi sentirà urlare

L’invenzione del suono è il solito meccanismo a orologeria Made in Palahniuk, dove ogni cosa va al suo posto, ma non è detto che sia quello giusto. Dopo aver smontato la società americana in ogni modo, in quest’ultima opera restringe il bersaglio all’ipocrisia della sola Hollywood. Potrebbe non essere un caso che un romanzo del genere arrivi dopo l’esplosione del caso Weinstein.

Nella finzione come nella realtà nessuno è innocente, e una delle prerogative della scrittura è quella di raccontarlo per mezzo di allegorie, esasperando i concetti fino a riportarli a galla. Per mostrare le colpe di ognuno. Per mostrare le ragioni di ognuno. Burattinai e burattini tutti insieme, artefici dei propri peccati quanto di quelli degli altri. Ne L’invenzione del suono chi tira le fila non ha più colpe degli altri, ha solo più efficacia.

Se già conoscete Palahniuk sapete cosa aspettarvi dalla sua scrittura, se non lo conoscete vi consiglio di recuperarlo adesso. Laddove gli altri usano la penna, Palahniuk usa la telecamera. Ogni capitolo è un set, e ogni paragrafo un movimento di macchina. Così come ogni verbo è un’azione e ogni sostantivo un oggetto di scena. E se qualcosa sta di fronte all’obiettivo, vuol dire che fa parte della storia.

Vi sfido a trovare un autore altrettanto bravo ad imbastire un film nella vostra testa, perché nel caso non vedo l’ora di leggerlo!

L’invenzione del suono” di Chuck Palahniuk, edizioni Mondadori, 2021. Malditesto.

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