“Gang bang“: Chuck Palahniuk scandalizza ancora?

Continua la rubrica “Dico le solite cose su Chuck Palahniuk“. A mia discolpa posso dire che lui scrive sempre lo stesso romanzo. Ma non mi lapidate subito, andiamo con calma.
Oggi parliamo di Gang bang, e con la chiusura di queste pagine sono a un passo più vicino alla lettura di tutta la produzione di quello che considero il mio scrittore preferito.
Ma allora perché un giudizio tanto affilato già nell’introduzione? Chiariamoci, continuerò sempre ad adorare Palahniuk, quello che scrive e soprattutto come lo scrive, ma dopo tanti libri letti, sono palesi i meccanismi che continua a riproporre, marchi di fabbrica che lo rendono irresistibile, ma talvolta anche uguale.
Se spogliassimo le storie di Palahniuk della narrazione, potremmo arrivare a dire che sono banali o addirittura che non ci sono affatto. È il modo in cui le organizza queste storie, come le nasconde tra le pagine, che lo rende unico nel panorama contemporaneo. Quando ci si avvicina a Palahniuk dovreste avere aspettative più sul come, che sul cosa. Un discorso che vale per tanti autori famigerati probabilmente, ma col nostro amichevole Chuck di quartiere vale ancora di più. Deve essere per questo che non tutti riescono ad abbandonarsi alle sue storie. Spesso scandalose, certamente crude, ma scandalo e crudeltà li assumiamo tutti i giorni come le microplastiche. Nudità e violenza ci arrivano istante dopo istante in una cura Ludovico eterna, per mezzo di canali che dovrebbero essere ben più moderati della letteratura.
Permesso? È qui che vengo insultato?
Il nostro sistema immunitario è bello resistente allo scandalo e alla violenza, e allora forse se tante persone dicono di Palahniuk “non fa per me“, è perché i suoi romanzi non sono mai rassicuranti, non sono mai pietosi. Prendete tutte le cose di cui vi vergognate e datele in pasto al mondo. Lasciate che tutti ne parlino, che le mastichino e ve le risputino addosso. Il comico Louis CK, dopo l’oblio negli USA per uno scandalo sessuale, ha aperto i suoi spettacoli europei dicendo: “Come state? Cosa avete fatto in questi ultimi anni? Ora voi sapete quali sono le mie perversioni: è una fortuna che io non conosca le vostre.“
Probabilmente il sentimento più umano che troverete nei romanzi di Palahniuk, è la solidarietà. Nessun giudizio, le cose accadono per natura e rispondiamo tutti alla natura. I personaggi, le situazioni, tanto chi scrive quanto chi legge. Non ce lo vogliamo dire ma sappiamo di soffrire tutti delle stesse cose. È questa intesa che ci unisce. Se io lo scrivo e voi lo capite, non c’è nessuna differenza tra me e voi.
Chuck, si gira! (fatemi i complimenti per questa)

Tornando a Gang Bang, visto che già dalla prima pagina ho cominciato a borbottare “Ma come fa a scrivere così!”, sono andato a vedere quale traduttore ringraziare, scoprendo che in realtà se ne sono succeduti diversi, per quanto tutti aderenti alla voce dell’autore. Ho scoperto che Tullio Dobner ha tradotto Fight Club (che sto leggendo proprio in questi giorni in lingua originale), e che Matteo Colombo è quello che ha all’attivo più traduzioni, Gang bang compreso.
Dicevo in apertura che ci troviamo di fronte sempre lo stesso libro, ed è un’esagerazione ovviamente. Ma leggere un romanzo del caro Chuck fa l’effetto di indossare un nuovo paio di scarpe ricavato dalla stessa forma. C’è tutto quello che ci piace di lui: i personaggi affettati, i dialoghi taglienti e diretti, gli iperdettagli che ci immergono nella scena tanto da provarne lo schifo. C’è il suo gioco di verità celate, e nonostante tutto, nonostante conosciamo benissimo quello stampo, gli ultimi passi saranno comunque sorprendenti. Sei lì col tuo itinerario in mano, pronto a scommettere sulla destinazione, e invece scopri che ancora una volta stavi guardando dalla parte sbagliata.
Il tema di Gang bang, come detto, è già di suo una bella scrematura per i lettori. C’è Cassie Wright, una pornostar a fine carriera che vuole battere il Guinness dei primati per numero di partner consecutivi con cui una donna abbia mai fatto sesso. Ha le sue ragioni per farlo, ragioni molto umane. Poi ci sono i seicento uomini reclutati da Sheila, l’assistente di Cassie, il cui scopo primario è far sì che questa epica giornata vada per il verso giusto. Gli abiti di scena, le luci, gli snack, le protezioni, gli uomini stessi. Qualsiasi imprevisto può mandare tutto a monte. Seicento uomini sono tanti, per avere la certezza che nessuno faccia cilecca. È la verità, direbbe Sheila (le espressioni ripetute, altro mantra dell’autore), e anche lei ha le sue ragioni.
Di tutti gli uomini in fila, tutti col proprio numero scritto sul braccio, noi ne conosceremo solo 3.
Numero 600, Numero 72, e Numero 137. Sono loro che raccontano la storia, insieme a Sheila. Ogni capitolo inizia col numero del personaggio e sarà lui a narrare quello che sta succedendo o che è già successo. Vedremo dai loro occhi, ascolteremo dalle loro orecchie.
Perché proprio queste persone? Tanto per cominciare numero 72 sostiene di essere uno dei tanti figli del porno, ovvero quei figli nati nei set pornografici e messi al mondo. E quel giorno è lì solo per conoscere la madre, per dirle di smettere, per salvarla, anche se non sa bene da cosa, né soprattutto come.
Numero 137 è un attore televisivo che non è riuscito a fare il salto. Quando era lì lì per lanciare la sua carriera si è ritrovato punto e a capo, e ha ripiegato sul porno per mantenersi in vita, diventando nell’ambiente “quello bello che faceva l’attore”. Ed è proprio 137, a notare una sospetta somiglianza tra 600 – il famigerato Branch Bracardi, il veterano, il Tom Cruise del porno – e il giovane 72.
Edipo Re ce lo mangiamo a colazione
Fatto sta che l’entrata in scena di 72 è un grosso problema per tutti, a meno che non decida di accomodarsi tra le cosce di sua madre, come da ingaggio. Ne va della riuscita di tutto questo baraccone. È la verità.
La storia si svolge nell’arco di tempo della realizzazione della performance, ma non si tratta certamente di un libro erotico e nemmeno porno.
Se conoscete Palahniuk saprete già che non c’è niente di sensuale in quello che scrive, niente di eccitante. Disinnesca tutto, persino l’amore, in ogni senso.
L’unico porno che si vede qua è quello che arriva dai monitor posizionati nelle salette di attesa, dove sotto gli occhi di una mandria di uomini in mutande che bivaccano e toccano e sgranocchiano e si siedono con il culo sporco di cerone, scorrono le immagini delle decine di film realizzati da Cassie in tutta la sua carriera. Una versione giovane di numero 600 compare spesso in quei monitor.
Il sesso descritto non è mai stuzzicante ma sempre grottesco, e la storia va avanti così, tra questi ritratti imbarazzanti e miseri. Sheila ha tutto un armamentario di parole per definire i seicento uomini in fila per il proprio turno, e vi stupirà scoprire in quanti altri modi si può definire un segaiolo.
Intanto che aspettano il proprio turno li vediamo depilarsi, scambiarsi pasticche di ogni sorta, vediamo le grinze della pelle, i calzini bianchi di spugna, i peli bianchi attorno ai capezzoli unti, i fibromi, gli slip bianchi che via via si fanno sempre più scuri di cerone.
Uno potrebbe provare a raccontare la storia di quando Carl rimorchiò un bonazzo, tanti anni fa. Andarono a casa insieme, solo per poi scoprire che erano tutti e due passivoni irriducibili. Per godere entrambi usarono uno speciale Branch Bacardi a due teste. L’allegro scontro di sfinteri funzionò a meraviglia, finché – manco a dirlo – Carl si rese conto che il suo amante del giorno si stava godendo assai più di quanto gli spettasse. Quello che era cominciato come un casuale incontro anonimo si trasformò in un feroce tiro alla fune anale, ma senza nodo a metà della fune, senza un qualche segnale che impedisse ai due partner di risucchiarsi l’intera proprietà. Una sentinella contro l’ingordigia. Nessun Muro di Berlino in gomma siliconata a preservare l’onestà di tutti.
Il limite della storia, ovviamente, è il momento in cui 72 entra in scena. Il treno è lanciato e sapete che prima o poi deraglierà. Un’altra delle verità di Sheila è che se prendi una donna e le fai fare sesso con seicento uomini, molto probabilmente arriverà all’ultimo che non sarà più in grado di muoversi. È per questo che gli uomini entreranno in scena in un ordine studiato dalla produzione, perché poi nel montaggio potranno mettere 600 per ultimo, e Cassie non sembrerà morta. È per questo che non sappiamo quando è il turno di 72.
Mentre aspettate intanto osservate questo grande carro allegorico di inadeguatezza e imbarazzo. Mentre osservate provate a schivare la domanda: “Ma non sono anche io così, vero?“
Forse il peso più grande legato al sesso è questo: vorremmo che fosse sensuale come nei film di Hollywood, ma in realtà somiglia più a quello in American Pie. Goffo, come spesso lo è la vita. Ci siamo rassegnati all’idea che la vita non ci riuscirà perfetta, ma sotto le lenzuola vogliamo ancora essere impeccabili. Quando persino amare talvolta ci viene maldestramente. Anche questo è un tema caro a Hollywood e alle sue commedie. Volete vedere che alla fine le aspettative sbagliate non ci arrivano solo dai porno?
“Gang bang” di Chuck Palahniuk, Mondadori, 2008. Malditesto.



