Nell’ultimo anno, avendo avuto la possibilità di lavorare a contatto con i giovani, ho notato l’esistenza di un’esclamazione che è entrata a far parte stabilmente del loro vocabolario quotidiano: “che disagio”. Viene pronunciata in diversi contesti, spesso anche in modo ironico, ma ogni volta che mi è capitato di sentirla mi ha fatto riflettere.
Teoria della classe disagiata di Raffaele Alberto Ventura
Disagio è un sostantivo specifico, che esprime una condizione precisa: “mancanza di agi, di comodità, situazione incomoda. Mancanza di cosa necessaria e opportuna”, si legge sul dizionario Treccani.
“La classe disagiata è l’avanguardia di un capitalismo in crisi permanente che ci parla con la retorica dell’emancipazione per vederci stili di vita che non possiamo permetterci”.
Ed è proprio questo il punto che viene analizzato da Raffaele Alberto Ventura nel libro “Teoria della classe disagiata” edito da minimum fax, vale a dire la condizione in cui attualmente vive quella generazione rimasta schiacciata dal peso delle aspirazioni irrealizzabili, che si pone obiettivi impossibili da raggiungere o totalmente fuori portata. Il quadro che emerge è quello di una società non solo incapace di costruire il proprio futuro, ma anche rea di aver incitato a una competizione sociale che ha portato come unico risultato quello della frustrazione di chi, nonostante le promesse, non è riuscito, o non riesce, a realizzarsi, malgrado sacrifici e sforzi profusi. Perché quella in cui viviamo è una società satura, che illude, inganna ma non consola: ed è qui che nasce quel senso di frustrazione e disagio che ha letteralmente avvolto un’intera classe sociale, quella media. È un po’ come la storia del cavallo che corre per inseguire la carota agganciata a una canna da pesca sul proprio collo: nonostante gli sforzi, l’impegno e la determinazione, quella carota non la raggiungerà mai.
È una crisi trasversale quella che affligge la società attuale, analizzata dall’autore per ciò che riguarda diversi ambiti: letterario, storico, scolastico, culturale, televisivo e chiaramente economico.
“Si ha una classe disagiata ogniqualvolta la classe consumatrice non riesce più ad attingere alla propria fonte di benessere e reagisce investendo, ben oltre le proprie possibilità, in una competizione per conservare il proprio status – competizione fratricida, interna alla classe, che accelera la sua autodistruzione”.
Una lettura decisamente molto utile per capire il funzionamento di quel meccanismo del fallimento che si mette in moto nel momento in cui ci si rende conto che la distanza tra le aspirazioni personali, indotte dalla società, e le reali possibilità di impiego della classe culturale è praticamente incolmabile.
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“Teoria della classe disagiata” di Raffaele Alberto Ventura, edizioni minimum fax. Libri in Pillole.