Un libro tra le mani

“Caro Michele” di Natalia Ginzburg, recensione: Un libro tra le mani

CARO MICHELE di Natalia Ginzburg.  

Non credevo che sarei stata capace di apprezzare gli audiolibri, ero sicura di distrarmi, di non riuscire a mantenere viva l’attenzione… e invece devo ricredermi!

Sarà che il libro è molto bello, sarà che l’interpretazione di Anna Bonaiuto è stata eccezionale, ma mi sono goduta ogni singolo minuto di ascolto.

Detto questo, “Caro Michele” è uno di quei libri a cui arrivo tardi, che avrei già dovuto leggere da tempo (mea culpa), e dal momento che uno dei miei buoni propositi di questo 2024 è proprio quello di dedicarmi maggiormente alla lettura di classici e classici-moderni, direi che ho iniziato nel migliore dei modi.

Michele” è il perno di una famiglia borghese che si sta sfilacciando e che cerca di resistere, di rimanere unita, attraverso un serrato scambio epistolare.

Adriana, la madre.

Angelica e Viola, le sorelle.

Osvaldo, l’amico.

Mara, la sua ex fidanzata (o qualcosa di simile).

Loro sono i mittenti e i destinatari delle missive (che contengono al loro interno molti altri personaggi), in un intreccio che mette a nudo tutte le dinamiche famigliari e le relazionali irrisolte, le solitudini, le preoccupazioni, le incomprensioni, le insoddisfazioni…

Una moltitudine di solitudini

Ogni lettera ha un suo registro, un contenuto piu o meno carico di affetto, recriminazioni, lamentele, speranze, desideri… ma quello che le accomuna tutte, il fil rouge che sembra legarle l’una all’altra è che nessuno di loro è realmente felice.

Sono tutti molto soli, ogni lettera é un monologo a suo modo struggente, un grido di aiuto, nonostante il tono di tutto il racconto sia apparentemente leggero, lieve, svagato… a volte anche amaramente comico.

Alla fine Michele è proprio quello che scrive di meno, di cui si sa molto poco, è impenetrabile, chiuso in una corazza emotiva che non lascia trasparire nessun sentimento, ma tutti coloro che gli ruotano intorno ce ne restituiscono un pezzettino, una sfumatura.

E attraverso le loro parole intravediamo un ragazzo alla continua ricerca del suo centro, inquieto e sfuggente, forse un artista, un ozioso, un brigatista, un figlio “balordo“, un padre mancato, non si sa bene cosa sia, ma ciò che si percepisce con chiarezza è che anche lui, come tutti gli altri, “si lascia vivere” sperando così di ingannare la vita.

“Ci si abitua a tutto, quando non rimane più niente”

L’Italia di quegli anni (siamo proprio all’inizio degli anni ’70) è sullo sfondo, ma si percepisce chiaramente attraverso le lettere: le lotte politiche e sociali, il post-sessantotto e la libertà sessuale…

La Ginzburg è stata eccezionale nel riuscire a pennellare un periodo storico senza descriverlo minimamente, ma evocandolo solo attraverso le parole dei protagonisti.

Un libro veramente bellissimo, intriso di malinconia.

La fotografia di una famiglia sbriciolata, una storia di lontananze, non solo fisiche ma soprattutto emotive, che non poteva essere meglio rappresentata se non attraverso il simbolo della “lettera“, che cerca di accorciare le distanze, é vero, ma che rimane un mezzo usato da persone “lontane“.

“Non si amano solo le memorie felici. A un certo punto della vita, ci si accorge che si amano le memorie.”

Cara Natalia Ginzburg, ti ho scoperto tardi, ma adesso non ti abbandono più. 💜

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“Caro Michele” di Natalia Ginzburg, Mondadori editore . Un libro tra le mani.

Antonella Russi

Nata a Taranto, classe '76. Lettrice per passione, da sempre.

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