Libri in pillole

“L’avversario” di Emmanuel Carrère: recensione libro

È impossibile rimanere insensibili davanti ai casi di cronaca nera che, purtroppo spesso, vengono raccontati dai telegiornali. Storie di omicidi, di stragi, di gesti sconsiderati in cui perdono la vita esseri umani come noi. Vittime per le quali, mentre ascoltiamo i servizi dei notiziari, proviamo grande pena, ma che al contempo ci appaiono talmente lontane dalla nostra quotidianità da sembrare che appartengano a un altro mondo. Eppure non è così, perché sono azioni che vengono compiute proprio su questa stessa terra sulla quale poggiano i nostri piedi.

L’avversario di Emmanuel Carrère

“Credevo di essermi liberato delle storie di follia, reclusione e gelo. […] E invece ero stato scelto da quella storia atroce, senza volerlo mi ero messo sulla stessa lunghezza d’onda dell’uomo che ne era responsabile”.

l'avversario emmanuel carrèreL’avversario di Carrère non è un romanzo, bensì un resoconto dell’indagine dell’autore che decide di non accomodarsi passivamente sulla sedia come il cittadino che, dopo aver appreso una notizia, formula il suo giudizio con grande sdegno e in cinque minuti l’ha già archiviata. Carrère va oltre, va al di là della barricata, lì dove a sedersi c’è un solo uomo: il colpevole.

“… avrebbe dovuto essere calda e piacevole quella vita familiare. Loro credevano che fosse calda e piacevole. Ma lui sapeva che era marcia dentro e che niente, né un attimo, né un gesto, neppure il loro sonno, poteva sfuggire a quel marciume”.

Jean Claude Romand è un pluriomicida. Nel 1993 ha sterminato senza pietà moglie, figli e genitori. Perché scrivere di lui se è palesemente colpevole? Perché dedicare ore di studio e approfondimento a un pluriomicida, così facile da condannare? Perché l’obiettivo di Carrère è capire, verbo troppo sottovalutato. Capire cosa spinga un uomo nelle braccia delle tenebre, capire come un uomo possa essere adescato senza rimedio dall’Avversario, capire perché un uomo non sia in grado di fermare il flusso di oscurità che gradualmente sta travolgendo la sua vita.

Carrère scava dunque nell’uomo Romand, senza schierarsi, ma per ricostruire il climax malefico che ha portato l’omicida a compiere un gesto estremo. Dunque si torna alle origini, all’infanzia, a una vita che già dai primi anni sembra prendere una piega ben definita. E ci si chiede: è possibile tornare indietro dopo aver costruito un’esistenza sulle menzogne? È possibile fare dietrofront quando si ha una morbosa inclinazione a pretendere l’approvazione degli altri? Esiste redenzione per chi si colora le mani di quel rosso sangue che appartiene a tre rami del suo albero genealogico, passato, presente e futuro?

                                                    Emmanuel Carrère

“Gli psichiatri incaricati di esaminarlo sono rimasti colpiti dalla precisione con cui si esprimeva e dalla sua costante preoccupazione di dare di sé un’immagine positiva”.

Carrère non cerca di dare risposte, cerca una strada. La strada lungo la quale ogni lettore, a fine libro, deve continuare a camminare, per riflettere, ancora e ancora, su un cambio di prospettiva che lo obbliga a sedersi, per una volta, dall’altro lato del vetro, accanto all’omicida, ed entrare, torcia alla mano, in quell’incredibile labirinto oscuro che è la mente umana.

“Si controlla, controlla ogni cosa, è l’unico modo che ha per tener duro, ma se qualcuno lo punzecchia là dove non riesce più a controllarsi andrà in mille pezzi, così, davanti a tutti, e le assicuro che sarà spaventoso. Lì dentro credono di trovarsi davanti a un uomo, ma quello non è più un uomo, è un pezzo che ha smesso di essere un uomo. È come un buco nero, e vedrà che ci esploderà in faccia”.

“L’avversario” di Emmanuel Carrère, Edizioni Adelphi. Libri in Pillole.

Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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