Libri in pillole

“Il silenzio di Sabina” di Francesco Barilli: riaccendere la luce sulle torture degli anni ’80

Il silenzio è spesso un’arma con la quale ci si prova a difendere dai ricordi, soprattutto quelli più dolorosi, quelli che si radicano sotto pelle e che ciclicamente tornano a emergere annerendo anche il presente. Sono come macchie nere che tolgono colore e luminosità alle esistenze di chi ha vissuto orrori che non si possono mai dimenticare.

Con Il silenzio di Sabina Francesco Barilli ci riporta in un’epoca piuttosto buia, quella dei primi anni Ottanta in Italia, quando il momento di tensione tra lo Stato e i gruppi militanti di estrema sinistra toccò il suo apice. Lotta armata, agguati, carcerazioni, torture, interrogatori condotti oltrepassando ogni limite dei diritti umani: un contesto che lasciò dietro di sé morte e mutilazione, fisica e psicologica di chi subì oltraggi impossibili da dimenticare.

In questo racconto lungo Barilli prova a riportare l’attenzione esattamente lì, per riaccendere, seppure parzialmente, la luce su un periodo buio, oscuro, nel quale tuttavia annegarono speranze e vite di tanti militanti schiacciati dalla macchina di uno Stato che decise di rispondere violando ogni diritto umano.

“Volevo trasmettere la convinzione che in un certo periodo storico una vicenda come quella di Sabina poteva essere comune, e che gli abusi da lei subiti erano il frutto di un’applicazione scientifica di un meccanismo che in altri momenti è stato ugualmente in uso. I fatti di Genova del 2001, in special modo quanto successo alla Diaz e a Bolzaneto, ne sono la dimostrazione”, afferma Barilli nella nota finale dell’autore.

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“Il silenzio di Sabina” di Francesco Barilli, edizioni Momo. Libri in Pillole.

Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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