Hotel Silence è un libro che narra la storia di Jonas, un 49enne deluso dalla vita che decide di scappare in un paese lontano da casa per suicidarsi. In questo nuovo luogo esotico, non specificato nel testo, in cui la guerra è da poco finita Jonas incontra un fratello e una sorella che gestiscono un hotel. Ed è grazie a loro che desiste dalla sua idea iniziale e si ritrova, quasi inconsciamente, a raccogliere e a ricostruire non soltanto le macerie della città distrutta dalla guerra ma anche quelle della sua esistenza.
“Era come se avesse sempre qualche ferita aperta…sempre preoccupato che gli uomini non fossero buoni abbastanza gli uni con gli altri. Diceva: quando diventerò grande voglio essere buono col mondo. Perché il mondo soffriva, soffriva eccome.”
Un romanzo molto delicato, intimo, un viaggio nella solitudine e nel dolore ma anche nella capacità di rigenerazione dell’essere umano. Non ci sono grandi analisi dei temi forti, né della guerra, né dell’amore, tanto meno profili psicologici che scavano in profondità, ma è senz’altro un libro che si lascia leggere con piacere, senza annoiare, grazie al suo stile asciutto ma coinvolgente.
“Non posso dire a questa giovane donna che non possiede altro che la vita che io sono perso. O che la vita è diversa da come mi aspettavo. Se dicessi che io sono come tutti gli altri, amo, piango e soffro, allora probabilmente mi capirebbe e risponderebbe: so quello che intendi… Mi sembra quasi di sentire la voce della mamma: ”ogni sofferenza è unica e differente – aveva detto una volta – e dunque non la si può confrontare. Invece la felicità è simile”.
“Hotel Silence” di Auður Ava Ólafsdóttir, edizioni Einaudi. Libri in Pillole.