Libri in pillole

“Ho paura torero” di Pedro Lemebel: recensione libro

“Ho paura torero, ho paura che stasera il tuo sorriso svanisca”, canta la Fata nella sua soffitta affittata in un rudere all’angolo della strada. “Qui cooperativa: si segnalano gravi incidenti e barricate nell’Alameda Bernardo O’Higgins”, recita il notiziario radiofonico, ormai quasi una sorta di bollettino di guerra che aggiorna i cittadini sulle rivolte popolari che stanno sconvolgendo Santiago del Cile.

Ho paura torero

È su questa dicotomia che si costruisce Ho paura torero di Pedro Lemebel: da una parte c’è la Fata dell’angolo, un travestito con un passato difficile che ha deciso di colorare il suo presente attraverso il canto, la poesia, l’arte, i ricami e l’amore. Soprattutto quello che prova per Carlos, un giovane “studente” con il quale si ritroverà coinvolta in un’azione sovversiva. Dall’altra parte c’è Pinochet, grottescamente rappresentato da Lemebel: un uomo omofobo, schiavo delle sue manie di protagonismo ma anche delle sue paure, succube di una moglie che lo incalza costantemente, assillandolo, quasi soffocandolo col suo continuo chiacchiericcio.

“Quartieri screpolati dalla polvere, piazze affumicate dai resti di falò, la strada piena di mobili rotti e cartelli divelti che le ruote della macchina schivavano, zizgagando attraverso le braci e i bastoni e i resti bruciacchiati della notte di protesta”.

E se lo sfondo è quello di un Cile che resiste, si organizza e si batte contro la dittatura imposta, Ho paura torero è un romanzo che va ben oltre il semplice trattato politico sulla condizione cilena. Perché Lemebel apre una splendida porta su un mondo dove a regnare sono i colori e la poesia, le vere armi con cui combattere l’odio, l’omofobia, l’ignoranza, gli amori impossibili.

“Ogni volta che Carlos spariva, un abisso insondabile incrinava quel paesaggio, e tornava a pensare che lui era così giovane, e lei così vecchia, lui così bello e lei così spelacchiata dagli anni. Lui un ragazzino così sottilmente virile, e lei frocia persa, tanto checca che perfino l’aria intorno a lei sapeva di finocchio fermentato”.

Ed è la Fata dell’angolo la regina della scena: perché lei è poesia in movimento, che dietro ai suoi passi lascia note musicali che volteggiano nell’aria. Una fata che ha paura, ma che al contempo è tanto forte da sfidare la vita e l’amore, anche quando risulta evidente che vincere è quasi impossibile. Perché ciò che importa non è il risultato, bensì l’atto in sé, di amare, di lottare, di vivere.

Ha una scrittura delicatissima Pedro Lemebel, che riesce a raggiungere picchi di intensità altissimi, soprattutto quando sposta l’attenzione sulle emozioni, sull’uomo, ovvero quando immerge la sua penna nel calamaio dove non c’è inchiostro, bensì umanità liquida.

“Perché le lacrime delle fate non avevano identità, colore, sapore, non irrigavano nessun giardino di illusioni. Le lacrime di una fata orfana come lei non vedevano mai la luce, non si sarebbero mai trasformate in mondi umidi asciugati dalla carta assorbente delle pagine letterarie. Le lacrime delle fate sembravano sempre finte, lacrime interessate, pianto di pagliacci, lacrime artificiose, complemento esteriore di emozioni eccentriche”.

“Ho paura torero” di Pedro Lemebel, edizioni Marcos y Marcos. Libri in Pillole.

Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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