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“Tenebre italiane” di Marco Imarisio: recensione libro

TENEBRE ITALIANE, l’ultimo libro di Marco Imarisio, inviato speciale del Corriere della Sera, ha un titolo evocativo: la tenebra è più forte del buio, avvolge, annulla. Spaventa. Non per nulla l’angelo delle tenebre è il demonio, è il Male. Ma se c’è tenebra, c’è luce, se c’è il Male, esiste il Bene. In un mondo ideale essi sono in equilibrio, si equivalgono. Purtroppo a volte il Male prevale esprimendosi in delitti efferati in grado di sconvolgere non solo la vita di chi ne è vittima, ma anche quella di chi vi assiste, leggendone e/o ascoltandone il racconto fatto dai media.

Con questo libro, Imarisio ha puntato una luce sulle tenebre fatte dei casi di cui si è occupato in prima persona, casi che nel primo decennio del Duemila hanno segnato la storia dell’Italia, divenendo dei veri e propri delitti mediatici, patrimonio collettivo di curiosità e dubbi. Come sono stati trattati ha definito il modo in cui si racconta la cronaca nera, con la differenza che allora non vi era stato ancora l’avvento dei Social, strumenti che hanno di fatto annullato il fattore “tempo”, velocizzando in modo così estremo la fruizione delle notizie che ne hanno esasperato l’aspetto di veri e propri reality show.

«Con la cronaca nera, si sbaglia.»

Partendo dall’assunto che «con la cronaca nera, si sbaglia», l’autore non intende fare un mea culpa personale o di categoria, né un amarcord, ma intende raccontare come è mutato un mestiere, con l’evoluzione dei mezzi di comunicazione che è andata di pari passo con l’evoluzione (involuzione?) della società.

E lo fa con l’occhio, il cuore e la mente di chi ha scritto a suo tempo dei casi talmente entrati nella memoria collettiva che bastano pochi cenni per ricordarci tutto: il mostro dell’estate 2000, il caso della Contessa Vacca Agusta, Novi Ligure, Cogne, Tommaso Onofri, Erba, ci vengono così riproposti da dietro le quinte, senza alcuna volontà di revisionismo.

L’Abisso

Leggendo le sue parole si intuisce lo sforzo che un professionista deve attuare per mettere da parte sentimenti ed emozioni, per porre una distanza dal Male che sta raccontando, per evitare di guardare troppo in quell’Abisso dal quale Nietzsche ci mise in guardia, perché, se lo guardi troppo, poi l’Abisso guarderà in te. Per evitare, se possibile, che lo facciano anche i suoi lettori. Perché è un attimo per farsi travolgere, perché, a dirla con Hannah Arendt, il Male è assolutamente banale e «l’eccezionalità del bene esercita sempre meno fascino della banalità del male». Per limitarsi a raccontare, senza voler spiegare a tutti i costi, senza far diventare  un caso metafora di significati più grandi. Buzzati insegna.

«La cronaca nera attira e respinge proprio per questo. Parla di morte in un mondo che non sa più rapportarsi con la morte È un modo per sublimare.»

Un gioco di equilibrismi

Una lettura molto interessante, perché tralasciando la morbosità che questi delitti hanno scatenato, dà il punto di vista di chi ne ha dovuto mettere nero su bianco la storia in un gioco di equilibrismi, di chi si deve confrontare sempre con i ricordi che ne ha, con le suggestioni che ha avuto, e che sa oggi essere testimonianza di buona fede, sensibilità e rispetto. Come dovrebbe essere sempre e per tutto.

[In questi giorni si parla molto della riapertura del caso di Erba. Butto lì questa riflessione dell’autore riferita al caso di Yara Gambirasio, ma che mi sembra abbastanza attuale.

L’Italia è «un Paese dove una tragedia si è trasformata in un grande Cluedo italiano. Un gioco di società che aspetta solo qualche nuova ricostruzione ad hoc per riattivarsi, facendo leva su una pulsione revisionista sempre più forte, cresciuta insieme alla pressione dei media, al loro nuovo ruolo che per forza di cose comporta l’erosione dell’autorità di chi fa le indagini e di chi deve giudicare. Ma ormai siamo cambiati. Noi, la cronaca nera, e il mondo che ci sta intorno.»]

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Tenebre italiane” di Marco ImarisioSolferino. A Garamond Type.

Laura Busnelli

Commercialista “pentita”, ho maturato anche un’esperienza pluriennale in Sony. Lettrice appassionata e tuttologa, all’alba dei quarant’anni mi sono scoperta scrittrice, dopo essermi occupata di correzione bozze ed editing. Sono stata una libraia indipendente per tre anni, saltuariamente faccio ancora incontrare libri e lettori con grande gioia. Operatrice culturale, modero spesso eventi e racconto il mondo dei libri anche online, tengo una rubrica su libri a tema animali su RadioBau & Co. (web radio del gruppo Mediaset) e collaboro con l'associazione culturale "Librai in corso" nell’organizzazione di eventi e in corsi a tema. La mia rubrica qui si chiama "A Garamond Type" perché il Garamond è il carattere adottato per quasi tutti i libri italiani e Type sta sia per carattere, font, sia per tizio. E la tizia sarei io.

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