Cadere di Carlos Manuel Álvarez è un romanzo intimo, familiare, intriso di polvere e malinconia. Della polvere che si alza ogni qual volta si cade sbattendo per terra, su un pavimento che a ogni colpo ricevuto risponde con una nuova crepa. Della malinconia che permea lo stato d’animo di chi si vede inesorabilmente consumare dalle contraddizioni di un Paese unico al mondo: Cuba.
“Dopo un certo numero di cadute, il corpo a volte fa lo stesso rumore dei sacchi di cemento o dei libri spessi e duri tipo i dizionari, ma a volte fa anche lo stesso rumore dei bicchieri di cristallo o dei vasi di porcellana”.
Ed è un mondo pieno di fratture quello in cui si muove la famiglia protagonista del romanzo del giovane autore cubano. Il padre, un dipendente statale che cita Che Guevara ma che si ritrova a sbattere contro il muro delle imperfezioni della Rivoluzione. Il figlio, un soldato che soffre le imposizioni del servizio di leva, inutile per chi non condivide i principi della rivoluzione. La madre, la persona che fisicamente cade, perché alle prese con una malattia degenerativa che ne limita l’autonomia. E infine la figlia, l’unica della famiglia che cammina sulla linea di mezzo che separa il patriottismo del padre dal rifiuto del sistema del fratello.
In lingua originale il libro si intitola Los caídos, tradotto letteralmente “i caduti”. Caduti che sono quelli che quotidianamente perdono pezzi di sé, asportati dallo scorrere del tempo che restituisce solo situazioni stantie, dalle logoranti contraddizioni di un Paese in cui gli affanni si accumulano, giorno dopo giorno, e si impilano fino a riempire quella cesta che diventa sempre più pesante da tenere sulle spalle. Persone nelle quali si creano fratture che non possono essere sanate, e che portano all’inevitabile sgretolamento dei sogni e delle velleità.
“Mangiavamo per terra, tanto per dirne una. Non avevamo un tavolo. So che sembra incredibile, tutti hanno un tavolo, ma noi eravamo così poveri da non avere neanche quello. A me andava bene così. Quanti anni avevo? Quattro, cinque? Non mi importava, per me era tutto una festa. Di fatto, credevo l’unica cosa che si può credere a quell’età, e cioè che il mondo era stato progettato senza un tavolo in sala da pranzo […]”.
Un libro in cui tra le maglie delle vicende familiari si insinuano quelle del Paese, la cui storia filtra proprio attraverso quelle fratture che si creano in seguito a ogni caduta. Un romanzo che fotografa uno spaccato di vita cubana attuale, senza però dimenticare la Cuba di allora e l’eredità lasciata dalla Revolución.
“Cadere” di Carlos Manuel Álvarez, edizioni Sur. Libri in Pillole.