Lib(e)ri di leggere

“Andy Warhol, 1963. Destinazione: Los Angeles”: il viaggio che rese il futuro Pop

“Davis fa rivivere l’epoca che ha fatto l’uomo, e l’uomo che ha contribuito a definire l’epoca…un lavoro eccezionale. The Boston Globe”

Trama

Nel 1963 Andy Warhol è un artista emergente a New York. Anzi: è ancora poco più che un semplice illustratore pubblicitario, lotta per trovare una galleria disposta a esporre i suoi primi quadri ed è ben lontano anche solo dall’immaginare il successo che avrà nel giro di pochi anni. L’iniziale serie di lattine Campbell o i ritratti di Marilyn Monroe non convincono i collezionisti né la critica, e il suo studio (la leggendaria Factory) non esiste ancora. In questo momento, poco prima che il fenomeno della Pop Art esploda e lui ne diventi l’artista più rappresentativo al mondo, Warhol parte per un viaggio in macchina alla conquista di Hollywood. 

Il suo percorso si intersecherà con quello di alcuni dei nomi più significativi dell’epoca, come Dennis Hopper, Marcel Duchamp, Peter Fonda, Allen Ginsberg, ma anche con registi e attrici underground, nuovi artisti ed esponenti del jet set.

Come già aveva fatto in Truman Capote e il party del secolo (Accento, 2023), Deborah Davis prende le mosse da un episodio particolare per ricostruire una biografia insolita, ricca di aneddoti e dettagli illuminanti. Partendo da un viaggio che nelle biografie ufficiali dell’artista è relegato a un paio di righe, Andy Warhol, 1963. Destinazione: Los Angeles getta uno sguardo inedito sul padre della Pop Art, di cui si credeva di conoscere già tutto, raccontandoci un’avventura indimenticabile sullo sfondo degli sfavillanti anni ’60.

“Andy Warhol, 1963. Destinazione: Los Angeles” di Deborah Davis: recensione

Ci sono biografie che informano e altre che riescono a restituire la densità emotiva di un’epoca. Il lavoro di Deborah Davis appartiene a quest’ultima categoria: leggere la sua opera sul viaggio di Warhol è sfogliare un album di memorie vissute, dove ogni dettaglio, per quanto apparentemente insignificante, contribuisce a comporre il ritratto autentico di un artista e del suo tempo.

La scrittrice ci accompagna in un ritratto affettuoso e dettagliato dell’artista più Pop di sempre, riportandoci indietro a quel celebre viaggio del 1963 che Warhol intraprese da New York a Los Angeles. A bordo, con lui, Gerard Malanga, Taylor Mead e Wynn Chamberlain e, idealmente, anche noi, lettori curiosi, stipati sui sedili posteriori della memoria.

Deborah Davis fa una cosa meravigliosa: scava nei dettagli. Come la scoperta di una delle “capsule del tempo” conservate da Warhol, una scatola vera, riempita da Andy con ricevute, cartoline e frammenti del viaggio. Oggetti all’apparenza insignificanti, ma che lei descrive come un “tesoro”, una reliquia tangibile di quel momento magico. È lì che il mito diventa essere umano. Ed è lì che ci innamoriamo ancora un po’ di più di lui.

Ma la bellezza di questa opera narrativa non sta solo nel viaggio: è nel modo in cui Andy prende vita, sin dall’infanzia. Un bambino fragile, già così “folletto”, con quella faccina curiosa e malinconica che fa subito breccia nel cuore della madre, Julia, che lo adorerà per tutta la vita. Non è difficile immaginarlo: pallido, silenzioso, con una sensibilità fuori scala rispetto ai coetanei. Un piccolo genio che sembrava già appartenere a un altro mondo, quello che lui stesso avrebbe poi costruito, tela dopo tela.

E poi c’è la parrucca. Quella chioma candida, oggi iconica, in realtà nacque per coprire l’incipiente calvizie. Fu un’idea di Willer, un amico fidato, ma fu Warhol a scegliere il bianco. Non il biondo, non il grigio: bianco. Perché Andy non faceva scelte a metà. Doveva essere ricordato. Doveva diventare un simbolo, anche nella sua silhouette.

Deborah Davis ha scritto una biografia che è un ritratto di un’epoca, un affresco del mondo dell’arte e di quel cinema che si muoveva lontano dalle riviste patinate. È un viaggio tra nomi celebri e figure dimenticate, tra loft newyorkesi e gallerie californiane, dove si respirava l’aria pungente della rivoluzione estetica. E in mezzo, lui: Andy. Che senza gridare, ha definito un’intera generazione con una parola sola, semplice e potente come una lattina rossa e bianca: Pop.

Biografia dell’ autrice

Deborah Davis è scrittrice e produttrice cinematografica. Ha lavorato come story editor per il grande schermo e pubblicato svariati libri tra saggi e romanzi. Truman Capote e il party del secolo è il suo primo titolo tradotto in italiano.

“Andy Warhol, 1963. Destinazione: Los Angeles” di Deborah Davis, Accento Editore Traduzione di Sara Reggiani, N. pagine: 288, 18,00 Euro. Recensione a cura di Morena Di Giulio per Lib(e)ri di leggere.

Vieni a parlare di libri con tutti noi nel gruppo Facebook The BookAdvisor.

Morena Di Giulio

Classe 1984, dopo una laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo lavora prima come redattrice di cronaca in varie testate locali, per poi approdare nel mondo della radiofonia senza mai mettere da parte il suo grande amore per la lettura e l'editoria. Storica mancata, giocatrice di ruolo, appassionata di viaggi e divoratrice di libri. Nel cassetto dei sogni, fare il giro del mondo.

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio