La cautela previene alcuni disastri. Nell’essere accorti si percepisce bene il tanfo delle cose sgradevoli. Quelle che all’apparenza si mostrano linde, invece nella realtà sono marce dentro. Se hai fiuto e sei prudente eviterai di sprofondare nelle sabbie mobili della miseria umana. L’ignoranza si estende nel deserto del pressapochismo, della superficialità.
In La scuola del silenzio di Ninni Bruschetta finisci in una storia che ha dell’assurdo. In un paese della Sicilia, la giunta comunale deve risollevare il teatro cittadino, un edificio di fine Ottocento. Chiamano, come direttore artistico, un attore, nato in quel paese, che ha abbandonato l’isola per raggiungere il suo successo. L’artista accetta felice. Ha idee innovative dal respiro internazionale. Nella pratica si convince che le cose stiano diversamente. Tutti gli remano contro. I dipendenti del teatro non lavorano, ma si accaparrano gli straordinari che non fanno, la biglietteria non funziona, la sartoria è abbandonata da tempo, la burocrazia è un tritacarne impossibile. L’attore, finito in una palude di aberrante disgusto per un sistema troppo guasto e consolidato, è circondato dal silenzio. Meno fiati meglio stai, in certi ambienti.
Il romanzo è intrigante. La narrazione è partecipata, coinvolgente. La scrittura è colore, rabbia, sconforto, luce, verità. Tutto si mischia tra i silenzi ed i chiari insegnamenti pronunciati come se fossero battute teatrali, invece hanno solo la teatralità dell’assetto di vite accomiatate.
Vieni a parlare di libri con tutti noi nel gruppo Facebook The Book Advisor
“La scuola del silenzio” di Ninni Bruschetta, edizioni Harper Collins. Dream Book.