La memoria è un affresco. Riporta a galla flash che assumono un significato nuovo sulla base di ciò che ti si para innanzi senza preamboli. I ricordi affiorano anche quando non te l’aspetti e in particolare quando non ti importa nulla di rimestare nel passato. Alcuni li metti a fuoco senza infingimenti, tanto il loro colore è fresco, vivido, chiaro. Altri, invece, si presentano come vernice incrostata che resiste dal disfacimento di alcuni fatti quasi a stabilire la portata del peso della memoria.
In Fervore di Toby Lloyd entri nella vita della famiglia Rosenthal. Eric e Hannah sono ebrei, vivono a Londra con i tre figli e con il nonno Yosef, sopravvissuto alla Shoah. Avvocato mite e dai modi cortesi lui, giornalista ambiziosa lei, entrambi credono nella verità dell’Antico Testamento. La loro è una esistenza densa di fede, di precetti, in cui i figli crescono faticosamente in cerca di un proprio spazio. Hannah vuole scrivere un libro sulla storia del suocero, che ormai ha poco ancora da vivere, e la situazione in casa precipita. Elsie, la figlia perfetta e la nipote preferita, si sgretola sotto lo sguardo attonito della famiglia. Quando il nonno muore, Elsie scompare, per poi ricomparire, quattro giorni dopo, misteriosamente diversa. Niente è più come prima.
Il romanzo ha una forza oscura. La storia mette in risalto la paura nel cuore nero della famiglia Rosenthal che nasconde molto per quello che ha vissuto e per ciò che ha sentito, anche nel pianto, di alcuni protagonisti. La prosa è un affaccio su quell’energia intesa che fa da guida.
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