I luoghi sono radici, famiglia. Quelli dove nasci sono un punto di riferimento oltre che un puntino sulla carta geografica, se c’è. Puoi partire e ritornare altrimenti, quei luoghi, te li porti appresso per sempre nella memoria. All’inizio, lì ti senti protetto. Conosci ciò che ti serve, scopri quello che vuoi osservando tutto con sorpresa. Poi, fai l’abitudine. Quello che, anzitempo, ti colpiva non ti interessa più.
In Appetricchio di Fabienne Agliardi finisci in un paese non lontano dal mare, vicino Napoli. Appetricchio è il posto dove tornare. Lì quasi tutti si chiamano Rocco, in onore al Santo patrono, nessuno ha un cognome, almeno non serviva a nulla e la maggior parte della gente è sordomuta. Il perché nessuno l’ha mai scoperto e nessuno sapeva che Petricchio esisteva, per tutti, però, era Appetricchio e nonnecòsa di cambiargli nome. I venticinque abitanti hanno tutti una storia singolare. Mamma Rosa, l’ultima ad emigrare è anche l’unica a tornare. Anche i Bresciani tornano, a Natale e d’estate. “Il resto del mondo si chiamava laffòra” E tanto bastava per lasciare fuori ciò che si aveva davanti: la semplicità.
Il romanzo è bellissimo. Originale nella storia ed affascinante nella scrittura. Il racconto è pregno di emozioni e ti trasporta direttamente nel posto in cui vorresti stare un po’.
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“Appetricchio” di Fabienne Agliardi, edizioni Fazi. Dream Book.